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Settimana del 29 ottobre 2007

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

La Repubblica
29-10-07, pagina 2, sezione MILANO
I Comuni scoppiano, 23 su 61 vogliono modificare i confini delle zone tutelate
Più cemento nel Parco Sud oggi il verdetto dell' assemblea
Comitati e Verdi si oppongono: 'Ci sono aree sufficienti per costruire ancora ' La polemica
STEFANO ROSSI


C' è chi vuole costruire nuove case per mille abitanti in un paese che ne ha cinquemila, chi vuole buttare giù il vecchio borgo attorno a un' abbazia duecentesca. Chi parla di rettifiche dovute a errori cartografici, chi assicura che, alla fine, farà vincolare più metri quadrati di quelli di cui chiede lo sdoganamento. I Comuni del Parco agricolo Sud Milano convocati oggi in assemblea in Provincia hanno diverse motivazioni ma per 23 di essi (sono in tutto 61, compreso il capoluogo) c' è un fine comune. Vogliono la modifica dei confini del parco, fissati da una legge regionale 17 anni fa. Da allora, dicono i sindaci, sono cambiate molte cose. Non troppe, per fortuna, se oggi l' espansione urbanistica a sud di Milano è ancora ferma al 19 per cento del territorio, mentre tocca quote preoccupanti nel capoluogo (70%) e soprattutto nell' hinterland (66% nella Brianza ovest, 60% lungo l' asse del Sempione, 57% nella Brianza centrale). L' appuntamento di oggi non sarà decisivo, dato che in materia è attesa una delibera del consiglio provinciale per la fine dell' anno, ma certo indicativo delle diverse posizioni. E della risposta del Parco e della Provincia, specialmente sulla delicata scelta fra una variante generale del piano territoriale dell' ente di tutela con regole uguali per tutti (come si augurano i Verdi, «con un incremento finale della superficie protetta e un miglioramento della qualità ambientale complessiva») o imprevedibili contrattazioni separate Comune per Comune. Capofila dei 23 sindaci è Pierluigi Pasi di Rosate (5.200 abitanti), intenzionato a procurarsi aree per lo sviluppo industriale e per mille nuovi residenti. A Rosate (come pure a Vaprio d' Adda), contro il Piano di governo del territorio si è costituito un comitato che in una decina di giorni ha raccolto un migliaio di firme. «Non occorre sottrarre terreno al parco - dice Daniele Del Ben, del comitato - ci sono ancora 80mila metri cubi disponibili per nuova edilizia residenziale. Un paese come il nostro è a posto per dieci anni». Costruire nel Parco Sud, ad ogni modo, piace anche a Comuni che le modifiche nemmeno le hanno chieste. A Gudo Gambaredo, frazione di Buccinasco, il Pgt è stato annullato dal Tar, perché la giunta aveva quasi raddoppiato le volumetrie di un piano in area protetta (una vecchia cascina), rispetto al consentito. A Viboldone, frazione di San Giuliano, il Pgt decretava l' abbattimento del borgo 7-800esco attorno all' abbazia del XII secolo: «Era come togliere all' abbazia il suo habitat - spiega Paolo Rausa, del comitato locale - . Il ministero dei Beni culturali ha esteso il vincolo anche al borgo ma ora è necessario restaurarlo». L' abbazia, almeno, poteva vantare un protettore importante, ovvero Vincenzo Maranghi, ex amministratore delegato di Mediobanca scomparso nel luglio scorso. Non è così dappertutto. Il fronte dei sindaci è però meno compatto di quanto temano gli ecologisti. Per Stefano Lampertico di Gorgonzola le modifiche sono «talmente minime» che quasi non le ricorda. Massimo D' Avolio di Rozzano giura che «in cambio sarà vincolato il nostro parco Uno, fuori dal Parco Sud e più grande dell' area che vogliamo recuperare e che potremmo usare per l' ampliamento dell' istituto clinico Humanitas». Mentre a Vizzolo Predabissi la giunta è divisa. Francesco Tabacchi di Peschiera Borromeo (territorio per il 70% nel parco) parla «di sovrapposizioni di cartine in scala diversa che hanno causato degli errori da correggere» e aggiunge che «eliminare certe fasce di confine è opportuno per la pianificazione, a completamento del centro urbano». Già. Ma un confine da qualche parte deve pur esserci.


Sezione: mostre - Pagina: 004/005
(29 ottobre, 2007) - Corriere della Sera
L' INTERVENTO
La mia mostra sui «Seventies», evitata l' operazione nostalgia


Periodi, epoche e movimenti sociali o culturali sono stati spesso oggetto di saggi storici, documentari o mostre di settore. La Triennale, con questa grande mostra sugli anni ' 70, si è accinta a un' impresa ai confini dell' impossibile: rappresentare e raccontare nell' ambito ristretto di una mostra un decennio della nostra storia. Consapevole di tutto ciò, pochi mesi fa, ho accettato con piacere l' invito del presidente della Triennale, Davide Rampello, a essere l' architetto della mostra, ovvero il responsabile della sua messa in scena, mentre curatori e comitato scientifico stavano completandone scelte, interpretazioni, contenuti e materiali. Perché come spesso si dimentica ogni mostra ha un ideatore, uno o più curatori dei contenuti e un progettista dell' allestimento. In vita mia ho visto e disegnato mostre che esponevano un tema determinato in un periodo determinato: la pittura degli anni Venti in Italia, il Barocco nell' architettura in Europa (a Stupinigi) o l' architettura del Rinascimento in Italia (a Palazzo Grassi). Come rappresentare oggi tutte le sfaccettature degli anni ' 70 che anch' io ho vissuto pienamente? Il non luogo della memoria e il colore bianco mi sono parsi subito il contesto ideale per riportare chi ha vissuto quegli anni, e anche chi non c' era ancora, in una condizione di riflessione e non di passiva e improponibile spettacolarizzazione iperrealista, quasi da museo delle cere. Niente nostalgie o mitizzazioni che soprattutto chi ha vissuto quegli anni può e deve, se lo desidera, coltivare e processare dentro di sé, piuttosto che aspettarsi di vederle banalmente riprodotte. Il color bianco, quindi, per ripartire da una sorta di anno zero e per far esaltare al massimo delle possibilità contenuti e materiali - diversi e intrinsecamente disomogenei tra di loro - da organizzare dentro spazi chiusi, come in piccole piazze dense di vita, arte, colori, libertà, ideologie, suoni, immagini, ed eventi che curatore ed esperti delle 28 sezioni in cui articola la mostra mi hanno trasmesso per renderle comprensibili. Contenuti e materiali che non potevano insomma essere lasciati in campo aperto a contaminarsi l' un altro, quasi fosse una cinica rassegna del modernariato della storia. Ho così immaginato questa mostra come fosse un' esplorazione nel limbo della memoria o come un viaggio di scoperta alla ricerca di porte spalancate sulla lunga sequela di eventi che hanno caratterizzato quegli anni. A parer mio nessuno può aspettarsi di venir travolto - senza impegno personale - dall' esperienza quasi fisica di rivivere il passato come per un prodigio della macchina del tempo, o peggio come in una festa in maschera a tema. Chi vuole respirare l' atmosfera di quegli anni si rassegni: sono passati, ora è tempo di riflettere e di fare bilanci.

Bellini Mario

La Repubblica
30-10-07, pagina 2, sezione MILANO
Le accuse: ritardi nei parcheggi, valzer dei dirigenti, diminuzione degli appalti. Masseroli replica: 'Sembrate sindacalisti'
'Manca una strategia per la città'
I costruttori contro la giunta: 'Non c' è un' idea oltre l' Expo'


GIUSEPPINA PIANO

Gli appalti dimezzati da Palazzo Marino e le opere pubbliche ferme al palo. I cantieri per i nuovi parcheggi bloccati. Gli oneri di urbanizzazione che aumenteranno. La necessità di dare una svolta alla fame di case. La paralisi degli uffici dovuta alla sostituzione di tanti dirigenti con «una diffusa e persistente incertezza nelle competenze». E soprattutto: «C' è una strategia per Milano oltre l' Expo? A nostro giudizio manca ancora la definizione di una strategia complessiva». Così i costruttori milanesi, all' assemblea annuale della loro Assimpredil, criticano la giunta di Letizia Moratti. E la riunione finisce in lite con l' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli, che dà del «sindacalista» al capo dell' associazione Claudio De Albertis. Ci si sarebbe aspettata una più lunga luna di miele, tra il sindaco Moratti e una categoria tradizionalmente vicina alle giunte di centrodestra. Le critiche mosse dal capo dei costruttori milanesi De Albertis, fratello peraltro dell' assessore alla Salute Carla De Albertis, esprimono il disappunto di tutta una categoria dopo un anno e mezzo quasi di amministrazione. Quella della mancanza di una strategia per lo sviluppo della città, di una visione per cosa far diventare la Milano del futuro, è l' affondo più pesante. Insieme all' accusa di mancanza di coinvolgimento. Mentre ci si candida all' Expo del 2015 e mentre, soprattutto, il Comune sta disegnando il nuovo Piano di governo del territorio che dopo 27 anni dovrà sostituire il vecchio Piano regolatore del 1980. «Come imprenditori chiediamo chiarezza sugli obiettivi strategici di questa amministrazione: vorremmo capire se Milano sarà nel futuro una città globale, una città dei servizi, una città dell' abitare», dice il capo dei costruttori. L' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli ascolta. E poi replica duro dando a De Albertis del «sindacalista, perché è il sindacalista che per difendere la sua categoria mette in evidenza le cose che non vanno. Noi di cose ne abbiamo fatte tante in quest' anno. E chi parla di mancanza di strategia complessiva si sbaglia di grosso». L' affondo che brucia di più, ma non l' unico. La relazione che il presidente De Albertis tiene davanti all' assemblea annuale dell' Assimpredil è una messa in croce per la giunta Moratti. I costruttori rivendicano il ruolo di «motore» dell' economia locale, si promuovono su sicurezza (nel 2006 i dati Inail danno una riduzione del 16 per cento per gli incidenti mortali) e lavoro irregolare (nel 1998 era stimato al 9,9 per cento, nel 2003 sarebbe sceso al 3,7 contro una media nazionale del 12,5 per cento). Ma alla giunta Moratti contestano tra l' altro i «ritardi» per i progetti sui nuovi parcheggi, chiedono coraggio nelle politiche per la casa («è giusto sperimentare nuove formule», fa eco l' assessore alla Casa Gianni Verga), contestano il salasso annunciato sugli oneri di urbanizzazione. Contestano la diminuzione dei lavori pubblici: nel primo semestre del 2007 gli importi degli appalti in Lombardia sono diminuiti del 7,4 per cento, a Milano del 46 per cento. E questo si traduce in meno opere pubbliche per i cittadini, come subito rilevano dall' Unione dove l' ulivista Marilena Adamo fa eco: «Si è perso un anno, nel 2007 le opere pubbliche sono rimaste bloccate». Non ci sta l' assessore ai Lavori pubblici Bruno Simini che parla di «dati fuorvianti», e assicura che con i soldi in arrivo dalla vendita delle case comunali «si vedrà già quest' anno come raddoppieremo gli investimenti».

Sezione: varie - Pagina: 001
(30 ottobre, 2007) - Corriere della Sera
I costruttori contro la Moratti: città non governata


De Albertis (Assimpredil): manca un progetto di sviluppo. L' assessore Masseroli: parla come un sindacalista
I costruttori milanesi di Assimpredil accusano il Comune. «Manca un' idea per il futuro della città, il sindaco pensa solo all' Expo, ma non ha una strategia». L' affondo è stato portato ieri, durante l' assemblea dell' associazione. Presenti anche sei assessori della giunta. Il presidente della categoria, Claudio De Albertis, critica anche la macchina comunale: «Registriamo una persistente incertezza nelle competenze, nelle attribuzioni dei poteri e nelle conseguenti responsabilità. Il risultato è lo stallo operativo». L' assessore all' Urbanistica, Carlo Masseroli, ha ribattuto a botta calda. Punto su punto. «Mi spiace questo attacco frontale - ha esordito Masseroli -. Mi spiace che si sia voluto far apparire il bicchiere mezzo vuoto, come fa di solito il centrosinistra. La verità è che stiamo cercando di elaborare un progetto per la città ampiamente condiviso». A pagina 3 Querzé e Verga


Sezione: edilizia palazzi - Pagina: 023
(30 ottobre, 2007) - Corriere della Sera
Il palazzo «bionico» per Shanghai. Fondamenta come radici e struttura ispirata allo scheletro di un volatile
Maxi torre con 100 mila inquilini Il sogno della «città verticale»
Progettata da due architetti spagnoli, è alta 4 volte la Tour Eiffel


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MADRID - È una gara tra architetti spagnoli: da un lato Santiago Calatrava, già al lavoro a Chicago, per scalare il cielo, entro il 2010, con i 150 piani della sua Fordham Spire; dall' altra, la meno nota, ma ancor più audace coppia madrilena formata da Javier Pioz e Rosa Cervera, che aspettano soltanto un cenno da Shanghai per mettere in pratica un' impresa alta il doppio: la Torre Bionica, 1.228 metri, 300 piani, 100 mila potenziali inquilini: una «città verticale», dove i condomini avranno poche probabilità di incontrarsi spesso, nei 386 ascensori disponibili. Forse l' incarico, e il relativo finanziamento di 15 mila milioni di dollari, non arriveranno mai, nello studio di architettura sul Paseo della Castellana, a Madrid. Forse resterà soltanto un sogno, una vertiginosa utopia utile a sbalordire i visitatori delle due esposizioni di urbanistica futuribile, in programma in Cina nei primi sei mesi del 2008. O, invece, ci sarà davvero, meno di un quarto di secolo dopo il crollo delle Torri Gemelle, chi firmerà il rogito per il suo attico fra le stelle. Per adesso è un disegno, accompagnato da schede tecniche, studi di fattibilità e considerazioni a sfondo ecologico: «L' architettura bionica si fonda su un concetto semplice - spiegano i due progettisti spagnoli -: la Natura lo ha già fatto prima e lo ha fatto meglio». Dunque, se mai verrà al mondo e al cielo, la Torre Bionica avrà uno scheletro mutuato dalle ossa degli uccelli, leggere e resistenti, la flessibilità degli alberi, le fondamenta simili a radici. E, soprattutto, le capacità di adattamento tipiche degli organismi viventi. Non temerà bufere né terremoti, colpi di sole o colpi di fulmine. Degli attentati aerei, evidentemente, avrà smesso di preoccuparsi nel momento in cui sarà stato deciso il suo concepimento. E comunque, ora che è poco più di una suggestiva elaborazione al computer, la Torre Bionica ha l' aspetto di un' arma difensiva: un missile sulla sua rampa di lancio. Un missile alto quanto dieci Pirelloni impilati uno sull' altro, quattro Tour Eiffel, e poco meno di tre Taipei 101, attualmente il grattacielo abitabile più alto al mondo, con i suoi 508 metri di pareti verticali, poeticamente modellate a canna di bambù, a Taiwan. Ma non si tratta più, per i sindaci, di conquistare per le loro città il titolo planetario di tetto di acciaio e cristallo. Quanto di trovare nuovi, e molto più lussuosi sbocchi alle periferie sature delle loro megalopoli. Nel 2000, quando la Torre Bionica fu presentata per la prima volta al municipio di Shanghai, il sindaco aveva lasciato intravedere allo studio Cervera & Pioz concrete prospettive per quell' ambizioso missile puntato verso la Luna: «Subito no, può sembrare inutile, ma fra pochi anni, bisognerà probabilmente pensare a costruirne vari», Javier Pioz riferisce le parole del sindaco al quotidiano El Pais. Che raccoglie, però, anche opinioni contrarie o perlomeno perplesse. «Nessun edificio può sostituire una città», assicura uno dei massimi urbanisti spagnoli, José Maria Ezquiaga. Sostenuto dall' architetto Rafael Moneo, che ha appena completato l' ampliamento del Museo del Prado: «Lo sviluppo in orizzontale consuma certamente più terreno, ma è sempre meglio vivere attaccati al suolo». I due architetti bio-visionari non si arrendono: Shanghai ha 15 milioni di residenti fissi e altrettanti di passaggio ogni anno. I due milioni di metri quadri della Torre Bionica, metà dei quali a uso alberghiero, farebbero proprio comodo. Prima o poi arriverà quella benedetta telefonata intercontinentale.

Rosaspina Elisabetta


Sezione: edilizia casa - Pagina: 019
(1 novembre, 2007) - Corriere della Sera
FMG / In mostra due progetti architettonici che propongono nuovi modelli abitativi
«Den City», un futuro ad alta densità


La densità urbana è sempre stata associata a una idea negativa di metropoli quale sinonimo di congestione, caos, sfruttamento indiscriminato del territorio? Ebbene sì. Ma da oggi potrebbero aprirsi nuove prospettive grazie alla mostra «Den-City», allo Spazio Fmg per l' architettura, in zona Tortona a Milano fino al 9 novembre (ingresso gratuito). Negli ultimi 10 anni, intorno al tema della concentrazione urbana si sono sviluppate alcune stimolanti sperimentazioni architettoniche. Per un progettista, lavorare con la densità vuol dire anche cercare di utilizzare al meglio le risorse esistenti, di considerare lo spazio da vivere come un complesso dialogo tra pieni e vuoti. Due i progetti esposti: Metrogramma di Milano e Périphériques di Parigi. «Due approcci completamente diversi - spiega il curatore, l' architetto Luca Molinari -, raccontati in maniera differente, perché preferisco operare sulle contrapposizioni, ma riferiti allo stesso tema». Da una parte, quindi, Metrogramma con il progetto della Domus Malles, edificio che propone un nuovo modello abitativo, con spazi differenziati come antidoto alla modularità e alla ripetitività. Dall' altra lo studio Périphériques che, invece, affronta progetti dal budget ridotto, impiegando materiali industriali o colorati e giocosi e lavora in sintonia con i residenti. Un modo per dichiarare (come nel caso delle «maison Go») che la qualità architettonica non sempre richiede investimenti spropositati. (m.vin.) «DEN CITY», Spazio Fmg, via Bergognone 27. Fino al 9 novembre

Vinelli Marco


Sezione: spettacoli - Pagina: 015
(1 novembre, 2007) - Corriere della Sera
L' INIZIATIVA
Dialoghi sull' amore con le «statue parlanti» dalle guglie del Duomo


Che cosa succede se le 135 statue del Duomo, testimoni per oltre 500 anni, improvvisamente si animano e incominciano a parlare d' amore? Da questa idea nasce «Dialoghi sull' amore dalle guglie del Duomo», evento unico ideato dall' architetto Attilio Stocchi, da otto anni impegnato a studiare gli aspetti laici e religiosi della cattedrale. Due serate imperdibili, sabato alle ore 21 e domenica alle 19.30 a ingresso libero (i biglietti si ritirano fino ad esaurimento all' Urban Center, in Galleria V. Emanuele 11/12, tel. 02.795.982), durante le quali il Duomo si trasformerà in un antico teatro greco. Dall' alto delle guglie le statue che dialogano. Sotto 1.500 spettatori seduti in piazzetta Reale ad ascoltare quattro coppie di statue che si affrontano sul tema dell' amore nelle sue diverse sfumature, Erao (Desiderio), Fileo (Amicizia), Agapao (Predilezione), Stergo (Rispetto), con le parole degli autori del nostro tempo. Le luci si accendono su San Nevolone e San Marcellino. Tocca a loro descrivere le pulsioni del desiderio con l' aiuto di Nietzsche e Alberto Savinio. A interpretare l' amicizia sono invece Sant' Ippolito e Sant' Agilulfo con i pensieri di Umberto Boccioni e Carlo Emilio Gadda. Si passa alla predilezione, spiegata dal Protomartire con le frasi di Hillesum e San Saturnino che risponde con Pier Paolo Pasolini. Infine il rispetto, esaltato da San Felino con Curzio Malaparte e il secondo martire per bocca di Cesare Pavese. Come nella tragedia greca, a ogni dibattito risponde il coro. I riflettori si accendono sulle 12 statue a lato delle grandi vetrate e vengono intonati brani dal Quarto libro de' Madrigali di Monteverdi. La facciata del Duomo sfuma dal cremisi all' amaranto, dal carminio allo scarlatto, i colori dell' amore. Con il beneplacito di monsignor Luigi Manganini. «Parole sull' amore dalle guglie? Il Duomo con la sua ardita architettura si presta alla provocazione».(Maria Teresa Veneziani)

Veneziani Maria Teresa


Sezione: quartieri - Pagina: 006
(2 novembre, 2007) - Corriere della Sera
Kengiro Azuma
L' architetto giapponese: vivo qui da cinquant' anni Vorrei più parchi, fontane e parcheggi sotterranei


«Così com' è messo, ormai il quartiere è impossibile da sistemare». Il muro e il cemento inchiodano al grigio piazza Schiavone. Il traffico strozza via degli Imbriani e piazza Bausan. Il verde è un ritaglio tra i palazzi. Ecco: «Se si sbaglia una volta, purtroppo è impossibile rimediare». L' architetto Kengiro Azuma, 81 anni, giapponese di Yamagata in Bovisa da cinquant' anni, ci aveva provato a evitare «l' errore» dell' amministrazione. Nel 1997 firma un piano, lo chiama «Percorso nel tempo», partecipa al concorso «99 progetti per Milano». Ogni architetto ripensa liberamente il suo quartiere. Per Azuma la Bovisa è verde, pedonale, con le auto imbustate in tunnel e parcheggi sotterranei. Una lunga promenade alberata collega piazza Bausan a piazzale Lugano attraverso lo snodo di piazza Schiavone. Il paesaggio è addolcito da fontane e sculture bronzee a goccia d' acqua. Poi? «Non se n' è fatto nulla, è il mio grande rimpianto. Il verde non c' era e non è arrivato. Ma come si può vivere con tutto questo traffico e inquinamento?». Il laboratorio del maestro Azuma è in ciò che resta della Cinecittà di Milano. Via Baldinucci 60, di fronte alla vecchia Milano Film. Cinquanta metri quadrati densi di sculture, disegni, attrezzi, vernici, ritagli di giornale. «Sono arrivato qui dal Giappone e non mi sono più mosso. Mi sono affezionato, la Bovisa è diventata la mia città». E lo è ancora, nonostante «la vergogna di quel muro spaventoso in piazza Schiavone, nonostante tutti i soldi buttati per mettere ed eliminare i lampioni». Che spreco, che incuria, «quanti milioni spesi per niente». E che rimpianto non aver potuto regalare al quartiere il suo progetto. Nelle tavole, «l' obiettivo» era scritto così: «Creare con il verde un percorso artistico naturale in continuo rapporto con l' architettura e la figura umana, per migliorare la qualità della città». Poesia, per chi vive in Bovisa. La laurea all' Università di Tokio nel 1954. Poi il diploma alla scuola di Marino Marini, all' Accademia di Brera, e l' apertura dello studio in via Baldinucci. Azuma ha due figli milanesi, un architetto e una laureata in scienze forestali. Ma questa Milano, dice, «proprio non vuole crescere, non riesce a diventare una città europea». Non cresce perché «non crea niente, non sviluppa idee». Piuttosto, sorride il maestro, «ristruttura». Ristruttura l' Arengario per ospitare il Museo del Novecento, riacconcia la Triennale per il Design, «mentre dovrebbe demolire e realizzare spazi, avere una sua architettura contemporanea». E allora si finisce a fare filosofia, che «è proprio vero che la vita è piena di ambiguità e contraddizioni. È il motivo per cui continuo la mia ricerca». La nuova Bovisa è oltre la porta. Ma ad Azuma non piace più.

Stella Armando

 

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