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Le lettere alla Redazione

Dal 05.09.2011 al 04.06.2017

La rubrica dedicata alle vostre riflessioni: sui conflitti di interesse tra prestazioni pubbliche e private nello stesso Comune, sul documento C'è Milano da fare, e tanto altro ancora. Scriveteci anche voi a: lettere@ordinearchitetti.mi.it

Potete inviare alla Redazione i vostri contributi, proposte e interventi su argomenti non predefiniti, oppure relativi i diversi temi presentati nelle nostre rubriche e approfondimenti, scrivendo a:
lettere@ordinearchitetti.mi.it

Deontologia e conflitti di interesse
16 gennaio 2017
In tempi di ripasso delle norme deontologiche (causa crediti formativi...) mi cade l'occhio sul tema del conflitto di interessi fra le prestazioni professionali svolte per le amministrazioni pubbliche e per soggetti privati nel medesimo Comune.
Un tempo (mi sembra di ricordare) c'era un divieto di tre anni di operare per clienti privati in un Comune dove di fosse redatto il Piano Regolatore: norma abbastanza ragionevole. Nel 2006 mi sembra che tale obbligo fosse ridotto solo alle fasi di redazione e approvazione del piano: norma abbastanza strana, il giorno dopo l'approvazione del piano si poteva dunque iniziare a lavorare per i privati di cui si erano definite le destinazioni urbanistiche. Nel codice attuale mi sembra ci sia un generico richiamo al "conflitto di interessi" senza entrare troppo nel dettaglio.
Credo che il tema meriti una riflessione. Da una parte infatti assistiamo quotidianamente a comportamenti disinvolti di ex amministratori che, appena cessato il loro mandato ad esempio di assessori all'urbanistica, passano a trattare direttamente gli interessi di operatori immobiliari che fino a poco prima rappresentavano non dico la "controparte" ma come minimo uno dei tanti soggetti di cui contemperare le aspettative. Per dipendenti e consulenti mi sembra ci sia un divieto di due anni, credo sarebbe una buona cosa abituarsi a considerare corretto (senza necessariamente avere norme di legge) un periodo di astensione perlomeno simile (se non superiore, cinque anni - la durata di un mandato amministrativo - sarebbe forse più corretto).
Dall'altra invece assistiamo invece all'eccesso opposto, come ad esempio nel recente bando di arredo urbano per piazza Castello a Milano, dove al punto 4.2. (se ho capito bene) erano dichiarati incompatibili tutti i dipendenti pubblici, con estensione ai parenti fino al terzo grado (per i collaboratori invece la limitazione era invece ragionevolmente solo per chi avesse incarichi attinenti l'oggetto stesso del concorso). Dunque,chi avesse una zia che facesse la scodellatrice nelle mense comunali, o un cugino all'anagrafe, è in conflitto di interesse con un concorso di arredo urbano? Forse è un po' esagerato (ma forse appunto è un problema di scrittura infelice del bando).
In entrambi i casi credo sia utile che l'Ordine intervenga nei limiti delle sue competenze per riequilibrare la sensibilità sul tema. Inutile spaccare il capello in quattro su dettagli e poi ignorare le famose travi.
Architetto Gregorio Praderio


Una risposta alla lettera c'è Milano da fare
venerdì 11 marzo 2016
Gentile Arch. Praderio,
grazie della sua mail e del suggerimento che porterò al tavolo nella prossima riunione.
Il tavolo di confronto è stato promosso da Assimpredil ANCE con l’obiettivo, che ci è sembrato interessante, di sperimentare una collaborazione pubblico-privato di filiera che contemperasse la vision e gli interessi di tutte le parti con una narrazione degli aspetti comuni, così da interloquire con i candidati sindaci in modo unitario. I soggetti principali da coinvolgere in questa prima fase sono stati gli ordini e collegi delle professioni tecniche  in rappresentanza dell’interesse pubblico e dei professionisti, i costruttori, il mondo immobiliare, le cooperative di tutti i colori politici, le associazioni. La nostra partecipazione, come Ordine,  non rappresenta solo gli architetti ma anche l'interesse collettivo, perchè questo è il nostro compito.  Ci è sembrato un esperimento utile da perseguire, soprattutto se riusciremo, come spero, a breve a organizzare alcuni momenti di confronto aperto anche alla città con i candidati sindaco sui temi della rigenerazione urbana e dello sviluppo della città metropolitana.
Valeria Bottelli, Presidente del Consiglio dell'Ordine

C'è Milano da fare
giovedì 10 marzo 2016
Abbastanza interessante il documento presentato per c'è Milano da fare, con diverse idee condivisibili.
Noto però quelle che a mio parere sono alcune strane mancanze. La costruzione di una città infatti non è fatta solo da "tutta la filiera degli sviluppatori" (di cui si citano solo "progettisti, costruttori e mediatori" - mancano però i proprietari fondiari e sviluppatori, per essere precisi) a confronto con l'amministrazione pubblica (di cui giustamente si sottolineano le carenze). La città è fatta anche e soprattutto da chi la utilizza, i cittadini, gli abitanti, chi lavora, commercia, studia, vive e si muove in quegli spazi che realizziamo (e di cui forse non ne sono sempre contenti).
Giusto quindi il confronto fra la "filiera" e la pubblica amministrazione. Ma non dimentichiamoci ogni tanto noi architetti anche di guardare fuori a quelli che sono i nostri veri clienti. Un accenno a questo nel documento (che altrimenti rischia di restare un po' autoreferenziale) forse sarebbe stato apprezzabile.
Aggiungo che mi ha lasciato un po' perplesso trovare la firma dell'Ordine accanto a quella di organizzazioni (Legacoop, CdO) con caratteristiche anche politiche. Ritengo opportuno (soprattutto in periodo elettorale) evitare certe commistioni.
architetto Gregorio Praderio

 

Risposta alla lettera Spiegare e pubblicizzare la nostra professione
Marzo 2016
Gentile collega,
grazie per la tua lettera.
Come Ordine degli Architetti abbiamo sempre creduto nella promozione della nostra professione e dell’architettura, sia nei confronti della committenza che verso la cittadinanza. Iniziative come gli Itinerari di Architettura Milanese e le Architectural Walks, gli Stati Generali, le serate di architettura e in generale tutta l’attività di comunicazione del nostro ufficio stampa, ci ha permesso di essere sempre più presenti nel settore, diffondendo il valore della professione anche verso l’esterno.
Sul tema è in fase di editing una piccola guida/manuale “Perché affidarsi ad un architetto: Una guida per il committente”, uno strumento che sarà pubblicizzato mediante i nostri canali – newsletter e sito internet – e probabilmente stampato; di questa iniziativa ne abbiamo parlato anche durante gli Stati Generali, in particolare al tavolo dedicato al Valore della Professione.
Riflettiamo sulla tua metafora,  il parallelo tra Medico e Architetto, soprattutto quando la scelta ricade su un gran numero di professionisti. Quando ci si affida ad un medico, il prezzo è il primo criterio a cui guardiamo? Oppure miriamo  più alla qualità e alla fiducia riposta? Nel nostro settore accade lo stesso? Oppure la prima scelta ricade sul prezzo della parcella che spesso è sempre tendente al ribasso?
L’attuale Consiglio dell’Ordine è quindi fermamente convinto che la valorizzazione della professione sia uno dei punti fondamentali su cui continuare a lavorare per migliorare la condizione professionale e le prestazioni offerte, in un rapporto chiaro e corretto tra Architetto e Committente.
Grazie della tua cortese attenzione.
Alessandra Messori, consigliere dell'Ordine

Spiegare e pubblicizzare la nostra professione (cosa facciamo e perché siamo necessari e insostituibili) all’opinione pubblica
6 febbraio 2016
Buongiorno a tutti,
come ho già scritto nel mio intervento “Come comunicare a tutti il valore della professione di Architetto” nel blog degli Stati Generali (e le cui risposte confermano che mi trovo fortunatamente in buona compagnia) ritengo che occorrerebbe fare una efficace campagna di informazione che illustri a tutti (cittadini e pubblica opinione in generale) – in modo chiaro e facile da comprendere - la nostra fondamentale funzione, analoga a quella che il medico di medicina generale (conosciuto universalmente anche come medico di base, o m. generico, o m. di famiglia, etc..) svolge sul territorio, a stretto contatto con le persone che vivono in quella realtà e che in lui vedono un riferimento fondamentale per il mantenimento della loro salute.
Trasferendo il discorso all’ambiente costruito, il parallelo diventa immediatamente visualizzabile agli occhi di chiunque: come il medico di medicina generale ci aiuta a essere in salute in tutte le fasi della nostra esistenza (a partire dal grembo materno), l’Architetto aiuta il committente (pubblico o privato che sia) a concepire (progetto), far nascere (costruzione) e a far vivere in salute (manutenzione) i manufatti che costituiscono l’ambiente in cui viviamo, perseguendo altresì (anche in virtù delle sue specifiche caratteristiche culturali e tecniche) il perpetuarsi di un continuo circolo virtuoso tra arte e paesaggio (che - sia separatamente, sia congiuntamente – rappresentano gran parte di quel concetto di “bellezza” che tutto il mondo ci invidia) che possa massimizzare l’armonia del quotidiano vivere.
Quindi, considerando che la gente dovrebbe essere meglio informata in merito a questo nostro fondamentale e insostituibile ruolo, il parallelo tra Architetto e Medico di medicina generale costituisce forse la migliore e più efficace immagine evocativa, poiché è nel vissuto di chiunque.
Disponendo ormai da tempo di strumenti di comunicazione potenti e immediati come internet, perché non ci decidiamo a usare una parte (quella immediatamente visibile) della prima pagina del nostro sito istituzionale - sul quale peraltro i cittadini si collegano per verificare, ad esempio, la nostra iscrizione all’Albo - per richiamare loro (in modo semplice e immediato, come fanno i comunicatori di successo) l’immagine del fondamentale ruolo che svolgiamo e che, purtroppo (per noi e per l’intera comunità), è ancora in gran parte ignorato?
Grazie per l’attenzione.
architetto Luca G. Padovano

Una risposta del Consiglio alla lettera del 6 Luglio 2015 in merito a 'Sportello Unico - FAQ'
mercoledì 9 Settembre 2015
Gentile architetto,
grazie per la riflessione, che condividiamo appieno.
Le FAQ, come da noi intese nel documento consegnato alla Amministrazione, hanno il solo fine di rendere diffuse le risposte ai quesiti più comuni rivolti da cittadini e professionisti ai tecnici comunali, quali la corretta compilazione della modulistica, l'indicazione di normative esterne applicabili, procedure ecc., così da ridurre l'impegno degli uffici nelle risposte più comuni per dedicarlo alla riduzione delle tempistiche di esame. Le FAQ non devono in alcun modo costituire interpretazione della norma in quanto, come da lei sottolineato, non possono e non devono avere alcuna valenza normativa.
Il Consiglio dell'Ordine

Lettera aperta sullo Sportello Unico - FAQ
lunedì 6 luglio 2015
Ho letto le proposte dell'Ordine per il miglioramento dei servizi dello portello Unico del Comune di Milano.
Fermo restando che mi sembra un'iniziativa positiva, così come giudico positiva la disponibilità al confronto da parte dell'amministrazione Comunale, ho qualche perplessità per la richiesta dell'Ordine di estendere l'uso delle FAQ (n. 14 e altre).
Questo per vari motivi: anche a prescindere dai contenuti di molte FAQ, che mi sembrano a volte non esattamente corrispondenti a quanto scritto ad esempio nelle norme di PGT, il vero problema rispetto alle vecchie circolari è che alle FAQ mancano due cose:
- la firma e quindi la responsabilità di chi le scrive
- le argomentazioni che portano a sostenere una data interpretazione.
Le FAQ insomma sono anonime e apodittiche; certo più snelle quindi da leggersi di una circolare, ma poniamo che io presenti una SCIA in conformità a una FAQ che (dio non voglia) mi venga contestata o addirittura annullata da un tribunale amministrativo. La responsabilità di chi sarà? Mia o dell'anonimo estensore della FAQ?
Francamente, non solo non aumenterei le FAQ, ma ne limiterei fortemente l'uso proprio ai casi più semplici semplicissimi (le domande insomma riservate a chi proprio approccia per la prima volta la normativa).
Sulle questioni più complesse, per uniformare l'operato degli uffici meglio le vecchie circolari: estese, meditate, motivate, ma soprattutto firmate da un responsabile.
Cordiali saluti,
architetto Gregorio Praderio


Una risposta del Presidente in merito a 'Architetti in festa'
venerdì 28 Febbraio 2014
caro arch. Angelo Errico,
grazie della sua mail, prendiamo il suo messaggio come un incoraggiamento a lavorare bene. Se è interessato a partecipare attivamente a una delle aree di lavoro presentate ci scriva a:  consiglio@ordinearchitetti.mi.it

Architetti in festa
giovedì 27 febbraio 2014
Al nuovo Consiglio, 
di là della auto celebrazione e auto referenza dei nuovi membri non discostati dal consiglio uscente, auguro altrettanto buon lavoro non avendo potuto presenziare all'evento del 25 febbraio, e dopo aver letto le locandine nel sito, se son rose dovrebbero fiorire, e sennò, è un già visto. 
Cordialità, 
Architetto Angelo Errico


Una risposta del Consiglio alla lettera del 5 Febbraio 2014 in merito a 'Aggiornamenti sul regolamento edilizio'
Giovedì 6 Febbraio 2014
Gentile architetto,
ringraziamo della sua e segnaliamo che i suoi suggerimenti sono quasi interamente contenuti nel contributo consegnato alla Amministrazione lo scorso Ottobre. Stiamo organizzando entro il mese di Febbraio un confronto con i professsionisti sulla bozza di R.E. ma, proprio in quanto bozza, ci sembrano premature assemblee consultive su un testo ancora del tutto provvisorio, suscettibile di numerose modifiche e non ancora reso ufficialmente pubblico. Non appena un testo verrà  adottato dal Consiglio Comunale l'Ordine provvederà sicuramente ad organizzare consultazioni e dibattiti per individuare le osservazioni da presentare secondo i termini di legge previsti dalla normativa.
Il Consiglio dell'Ordine


Aggiornamenti sul regolamento edilizio
Mercoledì 5 Febbraio 2014
Al Presidente dell'Ordine degli Architetti di Milano,
Leggo con piacere la Vostra newsletter di oggi circa gli emendamenti proposti al nuovo R.E. di Milano che aspettiamo da almeno due anni. Si tratta di osservazioni del tutto condivisibili, ma devo constatare che si potrebbero  organizzare assemblee consultive degli iscritti per commentare le modifiche proposte  dall'Ordine a settembre 2013  visto che il nuovo Regolamento dovrebbe essere approvato nei prossimi mesi!
Ecco solo alcuni argomenti di discussione:
1. La snellezza del R.E. la cui bozza consta di oltre 200 pagine
2. L'applicabilità degli incentivi volumetrici previsti dall'art. 10.4 del PdR che rimanda al R.E. che si dilunga per decine di pagine senza chiarire subito quali requisiti minimi occorrono per accedere agli incentivi e far valutare all'operatore la convenienza economica dell'operazione
3. La mancanza di schemi illustrativi che esemplifichino la complicata normativa sul riuso dei sottotetti secondo le linee seguite dalla commissione paesistica
4. Il ricorso obbligatorio alla Conferenza dei Servizi per ogni tipo di intervento edilizio (ad esclusione della CIAL) che fissi tempi certi e, alla presenza del Professionista incaricato, definisca l'istruttoria completa di un nuovo progetto senza ulteriori rinvii e possibilità di revisioni e ripensamenti da parte dell'Amministrazione. Sono secoli che sogniamo una cosa simile.
Vi ringrazio per l'attenzione
architetto Claudio Cavalca


Piazza Duomo a Milano
16 Gennaio 2014
Al Presidente, ai consiglieri dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Milano
Ho letto sulla stampa la "novità" della trasformazione di piazza Duomo in boschetti e terreni agricoli. Non entro nel merito di come fare queste cose visto che sotto la piazza sono presenti un bel po' di servizi pubblici  e reperti archeologici.
Poi in prima pagina dell’inserto del “Sole Ventiquattrore” di domenica 12 gennaio 2014 il prof. Settis cita Vitruvio (quanti sono che lo conoscono…?) e quello che chiama  “giuramento degli architetti” paragonato al medesimo impegno di Ippocrate per i medici, invitando gli operatori della edilizia, e gli amministratori di città e stati, i professionisti che progettano i nuovi edifici e le nuove urbanizzazioni a rivedere e a ripensare il loro ruolo nella dinamica che sottende la costruzione del nuovo e la pari importante distruzione del suolo e dell’ambiente
Viene allora naturale di fare una domanda a tutti noi: le piazze italiane che sono tra le più belle e conosciute in tutto il mondo (Signoria, S.Marco, Plebisciti, S. Pietro tanto per citare le altrettanto famose come quella del Duomo di Milano) non sono le cosiddette "piazze secche" (= piazze di pietra) così pensate e volute dai loro ideatori, dai loro finanziatori, dagli abitanti della città dove sorgono per consentire di ammirare quella cosa "strana e meravigliosa" che si chiama "PAESAGGIO URBANO"?
Domando che centrano l'orzo il grano, i carpini o le bietole con il paesaggio di quel sito di Milano da proporre, come è, a patrimonio dell'Unesco? Se soldi propri e di sponsorizzazioni ha il Comune pensi al recupero dell'edilizia popolare in degrado (quanti sono gli alloggi vuoti e da rimettere a nuovo – 5/6.000? 7.000? - di proprietà degli Enti Pubblici visto che si parla sempre più - leit motiv ossessionante – della carenza di abitazioni da assegnare o da mettere sul mercato ad affitto calmierato o sociale?) o pensi alla manutenzione delle piazze esistenti.
Questo potrebbe essere un fiore all’occhiello per Milano ed anche per una grande e bella EXPO. Si darebbe lavoro alle piccole e medie ma anche alle grandi imprese edilizie compresi gli indotti e se ne potrebbe fare un laboratorio - cantiere di lungo respiro  e grande valore per gli studenti di architettura e di ingegneria nonché per i geometri; laboratorio nel quale possano conoscere ed imparare in corpore vili  l’arte di costruire, di ricostruire, di risanare e di manutenere non solo appartamenti ma anche interi quartieri - storici ed anche meno storici - e tutta la città. Un primo ed immediato risparmio sarebbe quello del territorio non consumato.
Se si è in sintonia con quanto qui sopra detto non è urgente inviare un nostro messaggio, tanti messaggi  cartacei o sms o e mail, petizioni per impegnare Comune, Provincia, Regione, Aler, Assimpredil, Politecnico di Milano, Ministeri delle Infrastrutture, dell’Ambiente, del Tesoro e i fondi europei in questa scommessa? Scriviamo, impariamo a chiedere (aprendimos a quererte!).
Grazie a tutti!
Ciao
Danilo Pasquini
 

Concorsi per allestire eventi: no grazie
martedì 17 dicembre 2013
Con la presente vorrei sottolineare come più spesso amministrazioni comunali, società, enti ecc... utilizzino lo strumento del concorso di idee al mero scopo di fare prettamente “Rumor” su particolari situazioni, eventi ecc..., fregiandosi dell’autorevolezza di organizzare mostre di architettura a seguire sulla base di “concorsi di idee indetti” . Ora, a mio avviso occorre rimettere il concorso di idee nel giusto binario per il quale viene e può essere promosso ed indetto, garantendo un contributo minimo di premio ai vincitori e che tenga realmente conto dell’importanza dell’idea nella sua accezione più vasta (essendo il nostro anche un lavoro di valenza intellettuale) e del tempo/mezzi/costi necessari alla partecipazione. Ritengo sia serio e doveroso.

NO a chi indice concorsi di idee solo per un mero scopo pubblicistico, occorre a mio avviso ridare senso ai premi di partecipazione e assoggettarli ad un vaglio da parte degli ordini professionali di competenza per garantirne la relativa serietà.

architetto Massimo Salamone


Buongiorno Gardella
12 aprile 2013
Proprio in questi giorni è stato rimosso parte del ponteggio che copriva la "casa al parco" di Ignazio Gardella.
bene
come volevasi dimostrare, in questa città dove il "mercato" detta le regole anche del buon senso e della cultura, il risultato è a dir poco tremendo: invito tutti, andando in Triennale per vedere alcune belle prove di creatività nelle esposizioni presenti in occasione del Salone, lo scempio di questa stupenda architettura.
Quindi complimenti vivissimi a tutti i protagonisti: proprietà, progettista (sic), Comune senza dimenticare la Soprintendenza, così solerte nel salvaguardare qualsiasi rudere antecedente al 18° secolo e così miope nel perdersi per strada un'intero edificio che chiedeva soltanto di essere rispettato e accompagnato con cura nel 3° millennio.
Attendo con angoscia che qualche geniale manager addetto al marketing dell'immobiliare ci spieghi come le regole del mercato siano sempre giuste e vincenti. peccato
architetto Carlo Vedovello
 

Cavalieri nelle tempesta
19 marzo 2013
Milano, 6 marzo 2013, ore 9.30, ufficio tecnico di via G. B. Pirelli 39, nono piano ufficio protocollo: richiesta Certificato urbanistico ai sensi dell’art. 114.
Impiegata allo sportello: “Buon giorno per cosa richiede il certificato”. Rispondo: “me lo richiede il curatore fallimentare nominato dal Tribunale, ho qui la lettera di incarico”. Risposta: “Allora non può richiederlo, se non è per nuova costruzione non può richiedere il 114, per i tecnici su incarico del Tribunale diamo solo quello ascritto sul modulo richieste varie”. Rispondo: “guardi che il bene deve essere messo in vendita e il Tribunale ha bisogno di tutte le informazioni utili, il 114 è più esteso e a questo proposito da qualche mese il Tribunale ha diffuso un elenco dettagliato nel quale si specifica che l’eventuale acquirente deve avere a disposizione ogni informazione utile compresa quella attinente l’edificabilità del suolo ai sensi del vigente PGT”. Risposta: “mi faccia leggere questo documento”. Rispondo: “ovviamente non ce l‘ho dietro, in tutti i casi sul Regolamento Edilizio c’è scritto che il Certificato urbanistico ha contenuto più ampio del semplice certificato di destinazione urbanistica e lei stessa mi conferma che sul 114 viene esposta anche la capacità edificatoria dell’area”. Risposta: “Non mi interessa non glielo accetto, si assuma lei la responsabilità di scrivere la capacità edificatoria, piuttosto le chiamo il capoufficio”.
Dopo quaranta minuti di attesa arriva il capoufficio che cordialmente declina: “ho già scritto alla Sig.ra Pomodoro del Tribunale che noi non accettiamo più richieste di 114 per pratiche attinenti i fallimenti.” Rispondo: “se vi è un accordo fra voi e il Tribunale io sono protetto da eventuali ricorsi attinenti la mancanza di informazioni estese e complete. In tutti i casi grazie ci vediamo fra un mese quando passo a ritirare il documento”. Risposta: “no guardi, passeranno almeno novanta giorni”. Rispondo: “scusi ma all’art. 114 al capo 1 c’è scritto che l’Amministrazione comunale rilascia ai cittadini entro 30 giorni dalla loro richiesta …” Risposta: “si, ma non è così, da qualche mese stiamo cercando di migliorare ma si vedrà…”.
A latere, il confronto è stato serrato ma cortese, piuttosto un altro aspetto veramente grottesco è stato quello che per protocollarmi la pratica mi è stato imposto di comprare i diritti di segreteria e mostrarli allo sportello, per poi riporli nel portafoglio e tenerli per quando mi consegneranno il certificato. Questo perché, è scritto pure su una nota informativa appesa accanto all’ufficio protocollo, molti tecnici chiedono il certificato e poi non vanno a ritirarlo. Proseguo l’itinerario al terzo piano, in un palazzo davvero vuoto, ovvero completamente privo di quella gran massa di tecnici che abitualmente assediano il palazzo ogni mercoledì, che pazientemente si mettono nell’ordine di idee di fare qualche ora di coda.
Incontriamo un comune amico che era andato a vedere se una pratica presentata novanta giorni orsono, al quale il Comune deve dare risposta entro sessanta giorni, ha dato qualche esisto. “Niente, è ancora al vaglio degli amministrativi.” Passiamo all’Ufficio Grandi opere. “Buon giorno, ero venuto prima di Natale per sapere come devo procedere per farmi riconoscere la volumetria esistente visto che debbo demolire tutto per dare corso alle opere di bonifica”. Risposta: “non lo so, ma lei deve riedificare?” Rispondo: “al momento la proprietà non sa cosa fare visto l’invenduto e la crisi del mercato, sa solo che deve procedere con la bonifica e poi in futuro deciderà, ma soprattutto vuole che a fronte delle demolizioni imposte dalla bonifica venga certificata e riconosciuta la volumetria esistente come da art. 6 comma 2 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano delle Regole ”. Dopo aver letto il R.E. conclude: “ah, senta parliamone col mio responsabile, però bisogna prendere appuntamento”. Al cospetto della segretaria dell’ennesimo responsabile ci viene chiesto per quale pratica si chiede appuntamento, alla nostra risposta che è per sapere quale documentazione presentare e per capire quale procedura seguire ci viene risposto che lui riceve solo sulle pratiche in itinere. Ciò detto, di fronte al nostro sgomento, la signora con una cortesia davvero esemplare chiosa dicendo: “appuntamento fra quindici giorni, mi assumo io la responsabilità del caso tutto particolare”.

Certo con questi episodi non siamo a livello di funzionari che consigliano i clienti di cambiare professionista per incompatibilità caratteriali col professionista o di lettere regolarmente protocollate al quale non è mai stata data una risposta. In compenso abbiamo un Assessore che alla presentazione del PGT (19 dicembre alla Triennale) chiede alla città di portare pazienza perché il Piano è stato appena pubblicato (21 novembre 2012) e gli uffici si debbono organizzare, ma scusate il PGT non è stato approvato a maggio del 2012?
Mentre aspettavamo, scambiando le solite quattro chiacchere con due colleghi, abbiamo appreso del terzo caso di chiusura della partita IVA da parte di un architetto nel giro delle ultime due settimane. Il motivo è sempre lo stesso non c’è lavoro e in assenza di entroiti le spese sono insostenibili, per non parlare delle fatture insolute e dei mesi di ritardo quando ti va bene. E già perché non viene mai dichiarato apertamente che la maggior parte dei professionisti annoverano crediti per migliaia di euro. Per altro con contratti regolarmente firmati. Più specificatamente, quando ti pagano in ritardo tu fai da banca, quando non ti pagano hai oltre al credito col committente un debito per aver fatto funzionare la macchina: luce, telefono, affitto, etc. Avete mai provato con l'ingiunzione di pagamento? Vogliamo rammentare il rosario delle spese via via accresciutesi? Il contributo previdenziale per il committente è aumentato dal 2 al 4 per cento e successivamente anche l’IVA. Da un anno a questa parte sono state introdotte la firma digitale, i corsi di aggiornamento obbligatorio per chi è Certificatore energetico piuttosto che iscritto agli elenchi del Ministero in materia di Prevenzione Incendi o alla Sicurezza e salute sul lavoro, tra poco diverrà obbligatoria l’Assicurazione professionale mentre è già aumentato il contributo minimo Inarcassa. A questo proposito mi piacerebbe sapere se è legittimo che, dopo aver sostenuto un regolare esame, si introduca a corsa aperta, ovvero ad elenchi composti, un esame di aggiornamento obbligatorio pena la cancellazione dall’elenco dei soggetti abilitati. Ciò detto questo è anche il futuro di tutti gli ordini professionali? Oppure solo una metodica da applicarsi volta per volta per garantire reddito a quelle associazioni che organizzano corsi a ripetizione su qualsiasi argomento? Faccio presente che la compressione dei costi ha un limite invalicabile, ammettendo di non voler guadagnare per non perdere la posizione non è comunque possibile andare sistematicamente in perdita. Son tutte cose sapute e risapute, c’è una geografia della disperazione tutta punteggiata di simili episodi, zibaldoni su zibaldoni di gustosi episodi al quale in questi ultimi venti anni non ho mai visto dare la benché minima risoluzione. Si potrebbe anche amaramente osservare che ogni qual volta negli ultimi vent’anni è cambiata una Giunta ci si aspettava un cambiamento, un aggiustamento, un qualcosa che invece non è stato altro che una ulteriore occupazione di posti chiave da parte della componente politica maggioritaria, non si tratta di ideologie contrapposte ma bensì di tutela di interessi forti che poco interesse hanno nel far si che tutta la macchina burocratica funzioni, per loro c’è sempre un percorso particolare e speciale. Per questi specifici soggetti si coniuga l’urbanistica creativa con un'applicazione del R.E. tutta moderna, per gli altri, vi è un silenzio assordante o un vuoto pneumatico Per gli altri, per noi tutti maggioranza frastornata, è questa una fantastica corsa a ostacoli mobili, mentre salti, l’ostacolo si sposta, con conseguenze tutte da immaginare.
Architetto Claudio Lamonica


Licenziata al ritorno del periodo di maternità
giovedì 31 gennaio 2013
Gentile redazione,
le scrivo questa mail per sottoporre all'attenzione dell'Ordine la mia situazione. Ho lavorato dal 2009 presso uno studio di architettura di Milano, con PIVA senza nessun tipo di contratto di lavoro, fino ad Aprile mese in cui sono entrata in "maternità" con l'impegno da parte mia di tornare a Novembre e dei miei datori di lavoro di conservare il posto di lavoro fino al mio ritorno. 
Nonostante avessi il ruolo di coordinatrice capo progettista e a detta dei Soci fossi la migliore dello studio e bla, bla bla..(sviolinate varie),  oggi invece scopro di non poter più tornare a lavorare per via della Crisi. Mi spiegano infatti che  non vi è abbastanza lavoro per potermi reinserire all'interno dello studio (che comunque allo stato attuale conta n.6 collaboratrici con PIVA + n1 stagista) e che non sarebbe opportuno rifare un altro passaggio di consegne per riaffidarmi i miei incarichi ora nelle mani delle mie colleghe. 
Mi dicono inoltre che naturalmente se non fossi entrata in maternità avrebbero mandato via qualcun altra non certo me.
Poichè tale situazione si era già verificata con la prima gravidanza in un altro studio in cui ho lavorato precedentemente, mi chiedo ora, in quale maniera l'Ordine e più in generale la normativa tuteli le donne/mamme che sono "costrette" a lavorare con PIVA negli studi di architettura. 
I medesimi studi, infatti:
- non sono costretti a retribuire il periodo di maternità ( e tra l'altro l'Inarcassa conferisce un indennità veramente misera a confronto dei soldi che versiamo ogni anno e se la riprende subito con le due rate annuali)
- non sono obligati a conservare il posto di lavoro
Non è forse questo un comportamento deontologicamente scorretto che approfitta della scusa della crisi economica che va tanto di moda in questi ultimi anni per fare il "calcio mercato" al ribasso dei collaboratori?
Cosa avrei potuto fare per tutelare la mia posizione? dato che sappiamo benissimo che nessuno studio assume i collaboratori come impiegati.
Mi rendo conto dell'ingenuità di queste domande ma ritengo opportuno far presente il problema, anche perchè se è crisi per lo Studio in questione figuriamoci per me che non sono ricca di famiglia, sto crescendo due bambini (ho 33anni) e ho un mutuo da pagare!!!!
Sono molto sfiduciata dal fatto di ricominciare da capo in un altro studio con retribuzioni basse per i primi famosi mesi di prova (solitamente da 1 a 3) nonostante un buon curriculum o tentare la "veramente libera professione" dovendo però affrontare ulteriori spese tra cui  la polizza assicurativa divenuta obligatoria, futuri corsi di aggiornamento a pagamento,....,  mentre i miei ex datori di lavoro si godono comunque i frutti dei grossi lavori che ho seguito io in questi anni.
 La ringrazio per l'attenzione
Cordiali saluti
lettera firmata da una nostra iscritta

 

Vita da Architetto
giovedì 31 gennaio 2013
A proposito del link apparso sul sito dell'ordine degli Architetti "Coda che ti PASS", che richiamo per comodità:
"La Direzione Centrale Sviluppo del Territorio Settore sportello Unico per l'Edilizia ricorda che, al fine di evitare code nella giornata di apertura al pubblico del mercoledì del Settore Sportello Unico per l'Edilizia, i professionisti possono acquistare PASS personalizzati, rinnovabili annualmente, ritirando i moduli e facsimile bollettino postale con specifica della causale presso la portineria oppure al protocollo D.C. Sviluppo del Territorio - piano terra, corpo alto."
Vorrei far presente al Comune di Milano e, in particolare, alla persona che ha pensato al sistema di pagamento (forse non frequenta le Poste Italiane e non è quindi a conoscenza delle "Code che non ti PASS ano mai" presso gli uffici e che mi pare assai assurdo e ridicolo  prevedere nell 2013 il pagamento di € 5,00 (oltre al bollettino di € 1,80) solo ed esclusivamente tramite Posta (personalmente ho impiegato  1 ora e 45 minuti (....alla tariffa di un professionista, ma la segretaria sarebbe comunque da pagare...): esiste Internet, esiste che, nell'ufficio dove si deve consegnare il bollettino di pagamento si potrebbe anche pagare evitando perdite di tempo e l'euro in più (considerato che rilasciano comunque una ricevuta alla consegna non sprecherebbe carta in più ...)
Inoltre, tanto per far perdere un pò di tempo ancora, per chi non lo sapesse, è anche difficile trovare l'ufficio per consegnare il bollettino. Non si trova perchè ... perchè non vogliono essere trovati!
"piano terzo, corpo alto, in fondo al corridoio.... ci sono almeno 6 stanze ma su nessuna c'è una indicazione, il corridoio perennemente deserto, tutti barricati dentro, oppure anche no, un pò fuori ma in altri corridoi. Risultato si perdono altri 20 minuti (...alla tariffa di un professionista, ma la segretaria sarebbe comunque da pagare...).
Poveri noi, in che mani siamo, se arrivano a tanto per un Pass chissà per il  PGT.
Vita da architetto.
arch. Michela Vassena

 

Il PGT non dura cinque anni
giovedì 3 gennaio 2012
Come viene riportato (peraltro del tutto correttamente) nel resoconto della presentazione del PGT avvenuta alla Triennale lo scorso 19 dicembre, è solo il DdP (Documento di Piano) che dura cinque anni; il PdR (Piano delle Regole) e il PdS (Piano dei Servizi) -dove è concentrata la maggior parte dei diritti edificatori previsti- ha invece validità a tempo indeterminato.
Cordiali saluti,
architetto urbanista Gregorio Praderio

 

"conversazioni" sul PGT
lunedì 3 settembre 2012
Leggo un po' costernato la cosiddetta "conversazione" sul PGT di Milano.
Costernato sì, perché una "conversazione" richiederebbe un minimo di dialogo, di domande su problemi insoluti, se non un proprio e vero contraddittorio: qui invece c'è solo un monologo (ancorché a più voci) da parte di chi ha seguito la revisione del Piano; più un'illustrazione dello stesso - a decisioni peraltro oramai prese - che una discussione franca sugli argomenti spinosi e sui molti suoi aspetti tecnici per lo meno dubbi .
Ritengo che l'Ordine degli Architetti non dovrebbe limitarsi ad oggi alla semplice descrizione del Piano senza  commenti, ma piuttosto avviare un'esame e una valutazione tecnica e culturale di un provvedimento oramai abbastanza noto (oltre che di prossima entrata in vigore).
Cordiali saluti,
architetto urbanista Gregorio Praderio
 

Una risposta
lunedì 7 maggio 2012
Gent. Arch. Errico,
grazie per la sua mail e per aver partecipato all’assemblea di bilancio.
Devo purtroppo dirle che il contenuto delle sue critiche, soprattutto quella relativa all’articolo di Repubblica (non del Corriere, a meno che non ci riferiamo a due cose diverse), non mi è molto chiaro.
Cercherò comunque di rispondere puntualmente alle sue domande. Non me ne voglia se farò qualche errore di interpretazione.
1.    Il costo tecnologico illustrato in bilancio non riguarda il proiettore ma il sito internet, nel quale abbiamo effettivamente investito molte risorse con risultati molto apprezzati e non solo dagli architetti.
Il proiettore purtroppo ha avuto un inspiegabile black-out, cosa che ha innervosito parecchio anche me perché su quelle slide la discussione avrebbe potuto essere più articolata e costruttiva.
2.    Non esistono criteri o decisioni del Consiglio di non informare preventivamente gli iscritti sui bilanci che dovranno essere votati. Tanto è vero che tutti i bilanci con le relative fatture, contratti ecc. sono a disposizione in segreteria per i 15 giorni antecedenti l’Assemblea per essere consultati, fotocopiati e, volendo, portati anche a casa.
3.    Non c’è in programma un’indagine sulla soddisfazione degli iscritti.
E’ stata fatta un’indagine con Ipsos nel 2007 pubblicata sul nostro sito alla pagina http://www.ordinearchitetti.mi.it//index.php/page,Notizie.Dettaglio/id,74/type,oa e c’è un sito (www.ordinearchitetti.mi.it) attraverso il quale, oltre alle informazioni sulle attività dell’Ordine, si può scrivere cliccando sull’occhiello “lettere alla redazione”, si possono inoltre inviare mail ad alcuni indirizzi dedicati e chiedere di essere ricevuti dai Consiglieri per porre i problemi o le proposte volute.
Del resto il Consiglio è stato liberamente eletto dagli iscritti sulla base di programmi presentati alle elezioni. Lei ha votato?
4.    Veniamo ora all’articolo su Repubblica. Di tutto quello che lei mi attribuisce io non riconosco una sola parola. Infatti non ho espresso nessun giudizio sul sito di cui tratta l’articolo e quella che lei chiama “implicita denuncia per la sottratta gestione delle valutazioni sull’etica” è esattamente il contrario di quello che penso, di quello che ho detto a Simone Mosca durante l’intervista, e di quello che è stato scritto sul quotidiano. Ma lei i giornali come li legge? Forse, ingannato dalla mia foto messa a fianco di dichiarazioni non mie l’ha tratto in inganno?
La prego, la prossima volta faccia più attenzione.
Cordiali saluti
arch. Daniela Volpi

Bilanci 2012
venerdì 27 aprile 2012
Ho letto i bilanci ho partecipato alla seconda convocazione ho votato (contrario per il consuntivo e per il preventivo) ho avuto modo di leggere le diapositive  dal mio computer che non sono state proiettate in riunione a fronte di un ingente costo tecnologico pagato nel bilancio, e domando:
- c'è un criterio pensato da codesto illustrissimo Consiglio per non far accedere gl'iscritti a queste informazioni di bilancio: prima, delle convocazioni?
- c'è in programma da codesto illustrissimo Consiglio, un'indagine sulla soddisfazione degli iscritti su quanto illustrato per temi nelle diapositive?

Mi rifaccio anche all'articolo apparso sul Corriere della Sera, con riportato il pensiero dell'architetto Volpi - espresso si deduce a nome di tutti gli architetti milanesi iscritti all'Ordine - sul disagio che un sito web sta procurando nel concedere spazio e viva voce a chi, tra i tanti colleghi, esprime sofferenze e malumori per l'atteggiamento di altri architetti ( tanti o pochi che siano, non fa la differenza ) e sulla implicita denuncia per la sottratta gestione delle valutazioni sull'etica e sul comportamento deontologico dei colleghi da parte degli Ordini, per volontà dell'attuale benvenuto governo italiano.
Architetto Angelo Errico
 

Architetti: intellettuali o imprenditori
mercoledì 22 febbraio 2012
Ho partecipato al convegno “Architettura e Management”  da cui emerge la necessità di considerare la nostra professione sotto il profilo manageriale, a qualunque livello ci si trovi. Ed è un punto di vista che condivido in pieno.
Peccato però che il lavoro di architetto sia ancora visto come una prestazione d’opera intellettuale, che ha più a che vedere con gli aspetti culturali che imprenditoriali del lavoro.

Qualche anno fa, eravamo sotto elezioni per il rinnovo della presidenza dell’Ordine, ricevetti una lettera in cui si sostenevano gli sforzi compiuti per i giovani professionisti, quali ad esempio indire un concorso per i progettisti under 40: se questo è il contributo alla professione per i giovani siamo a posto!
Le preoccupazioni per gli architetti, è risaputo, non sono se partecipare o meno a un concorso, ma arrivare a fine mese, la mancanza di garanzie, non riuscire ad essere pagati, iniziare un proprio percorso professionale e imprenditoriale in perfetta solitudine.
Mi sembra quindi che esista una distanza sostanziale fra le affermazioni di principio e quanto invece di fatto viene proposto dal nostro organo rappresentativo. Per non farla lunga con le lamentele, tutte legittime considerando le condizioni di lavoro non solo mie ma di buona parte della categoria, passo quindi a considerazioni e proposte.

L’architetto è imprenditore di se stesso: gli Ordini devono quindi fornire gli strumenti per operare in tal senso.
Durante le discussioni intorno alla Legge di stabilità del governo Monti si era parlato di equiparare gli architetti alle imprese iscritte alla Camera di Commercio, il che significa avere accesso a bandi, finanziamenti, percorsi di formazione con il sostegno degli enti pubblici.
E’ vero che godiamo di una notevole offerta di corsi di formazione, di cui personalmente usufruisco spesso e volentieri, ma sono per lo più erogati da enti privati in maniera non organica; ancora una volta l’architetto deve contare su sé stesso, pagare di tasca propria, fare salti mortali per trovare il tempo, il più delle volte per rimpolpare un curriculum che dopo i 35 anni non viene neanche preso in considerazione.
La Camera di Commercio, col sostegno delle Provincie e di altri Enti Locali hanno messo in piedi la cosiddetta Formaper (Formazione Permanente), a disposizione per tutti gli iscritti a costi contenuti, erogando incentivi alle Imprese che intendano formare i propri dipendenti. Purtroppo di questa proposta non si è fatto nulla.

Una nota positiva dell’ultima manovra economica è l’estensione del sistema del Confido per i professionisti: mi auguro che questo si traduca , grazie al sostegno degli Ordini, in una reale opportunità a cui possano accedere tanti professionisti, possibilmente giovani.
Ad esempio si potrebbe, anzi dovrebbe, istituire uno sportello in cui vengono fornite informazioni in merito e vengano seguite le istanze presentate.

Il giovane progettista è solo nell’affrontare ogni singolo aspetto dell’esercizio della professione, faticando a proporsi e accollandosi responsabilità civili e legali a cambio di pochi euro (da cui la classica domanda: ma chi me lo fa fare?).
A chi mi rivolgo quando ho un dubbio? Cerco su qualche forum su internet, chiedo a un amico fidato, improvviso.
Quando ho un nuovo incarico che tipo di contratto devo sottoscrivere con il committente: cerco un fac simile su internet? Mi faccio passare quello che ha usato il conoscente? Negli Stati Uniti l’A.I.A. (American Association of Architecture, il corrispondente del nostro Consiglio Nazionale degli Architetti) rende disponibile un’ampia documentazione per ogni tipo di incarico circa la contrattualistica, gli standard di riferimento da utilizzare e indicazioni diverse.
Ora con l’eliminazione dei minimi tariffari e la conseguente eliminazione del servizio di parcelle on-line, quale sarà il ruolo degli Ordini, in che modo sapranno, se sapranno, diventare un riferimento per i propri affiliati?
Negli Stati Uniti, tutti gli aspetti della professione vengono normati, dagli standard grafici, ai tempi e modalità di consegna degli elaborati, dalla definizione degli appalti e subappalti. Si tratta di norme interne ma che costituiscono un riferimento universalmente riconosciuto, uno standard. Da noi il giovane progettista di fronte ad ogni incarico deve ridiscutere ogni volta i termini e le modalità del lavoro. Sempre da solo.

In un momento di discussione così significativo come è stata le discussione dell’ultima manovra economica che ha introdotto importanti novità nel mondo delle professioni, il dibattito all’interno del nostro Ordine è totalmente mancato. 
Mi permetto di avanzare un paio di proposte, esperienze già in atto in altri paesi come l’Olanda: ogni pratica edilizia per essere protocollata necessita in allegato la parcella del professionista e il comprovante del pagamento. In un colpo solo si contrasta l’evasione e viene garantito il professionista che venga pagato alla consegna, non dopo due mesi o all’esito positivo della pratica che spesso non dipende dall’operato del professionista.
Per uscire da questa impasse culturale e lavorativa devo paradossalmente uscire dai confini della professione, costituendo una società di servizi di cui il fare architettura rappresenta solo uno degli aspetti e non necessariamente il principale.
Architetto Hilario Bourg


Lettera a Giuliano Pisapia
sabato 28 gennaio 2012
Caro Giuliano, mi permetti l’impertinenza di un consiglio?
Pochi giorni fa la Presidente Daniela Volpi, ti ha inviato una lettera, resa pubblica sul sito dell’Ordine degli Architetti di Milano e sottoscritta , tra gli altri da Leopoldo Frerye che è il presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti.
Si lamenta di non aver ricevuto risposta a precedenti missive e coglie l’occasione per farti alcune osservazioni rispetto al Bando di Concorso indetto dall’Expo.
Qual è il consiglio?
Quello di non rispondere, non perché la lettera non presenti spunti di contraddittorio o richieste di chiarimento, ma perché chi ti scrive non può sottoporti queste osservazione dall’alto del ruolo  istituzionale che occupa, sotto le spoglie di una semplice lamentela e richiesta di considerazione.
Come presidente dell’Ordine, l’architetto Daniela Volpi ha il diritto e il dovere di controllare la correttezza legislativa di un concorso. E ha il diritto, nonché il dovere, di diffidare gli iscritti al parteciparvi, se si configurano irregolarità normative e deontologiche.
Ma, come al solito, Consiglieri e Presidenti degli Ordini non svolgono i loro compiti istituzionali ma fanno tutt’altro.
Fanno finta, e male, di difendere i loro iscritti, da cui non hanno nessuna delega di rappresentanza, dimenticando di essere lì per garantire gli interessi della collettività e non quelli dei singoli professionisti.
Il bando indetto da Expo è contrario alle norme vigenti, così come sembra, stante la dovizia con cui vengono citati articoli e codicilli di legge dalla Presidente e dai suoi compagni di penna?
Benissimo!
Che l’Ordine degli Architetti di Milano e il Consiglio Nazionale chiedano, con il ruolo e la incisività istituzionale che hanno, dei chiarimenti all’Ente banditore e, in caso di risposte non soddisfacenti, diffidino tutti gli iscritti dal parteciparvi.
Questo è il ruolo di un Presidente di Ordine.
Il ruolo di vigilare, controllare, difendere l’immagine della professione (non quella dei singoli professionisti di cui non è la sommatoria) con fermezza e autorevolezza ma anche assumendosene le responsabilità del caso.
Il compito di un Presidente di un Ordine non è quello di pietire incontri, concertazioni, condivisioni e tavoli di discussione.
Questo comportamento non solo non è necessario ma è chiaramente lesivo della dignità della professione che si intende preservare.
E non permette all’interlocutore di capire quale sia il piano della discussione e prospettare quindi, con trasparenza, le proprie ragioni.
Se invece non sono state violate leggi e norme, l’Ordine non ha nessun potere né incarichi o rappresentatività per esprimere giudizi in merito alle scelte di un altro organo istituzionale quale Expo.
La Società Expo, con la finalità di raggiungere al meglio i propri obiettivi, ricerca sul mercato le soluzioni migliori per concretizzare i suoi programmi, nel rispetto di quegli stessi interessi collettivi che dovrebbero difendere gli Ordini Professionali.
Soluzioni che possiamo condividere o meno ma sulle quali l’architetto Daniela Volpi, può obiettare personalmente o a nome di una più o meno folta collettività che si sia costituita in Associazione, Club, Sindacato o altro, e che l’abbia liberamente (non obbligatoriamente) votata quale rappresentante.
E la morale di tutto questo è che, per l’ennesima volta, si parla di riformare qualcosa, in questo caso gli Ordini, non perché sia necessario ma perché invece di svolgere il loro compito si interessano di tutt’altro.
Ammesso e non concesso che siano utili e che non sia sufficiente, come per altri mille casi il Codice Civile, basterebbe che gli Ordini tornassero a fare il loro mestiere: garantire la professionalità dei loro iscritti e proteggere i cittadini dall’asimmetria informativa.
Ma per questo non servirebbero sedi faraoniche, bilanci da milioni di Euro, e soprattutto i Consiglieri e Presidenti non sarebbero una casta nella casta ma dei semplici servitori della collettività
Cordialità
arch. Andrea Bonessa

 

PII Porta Volta Enel
giovedì 12 gennaio 2012
Cari colleghi e caro Sindaco, qualora, ma non penso, leggesse questo contributo.
 
Ho letto con interesse e sgomento il dibattito attorno al progetto del PII di Porta Volta – Enel. Siamo di fronte a forse uno dei più insultanti e spaventosi progetti urbani che verranno realizzati in città, condivido pienamente le critiche di Gianni Biondillo al progetto, ma vorrei aggiungere una riflessione. Come è possibile che questa città non sia in grado di dotarsi di meccanismi di valutazione dei progetti in grado di incidere e correggere la qualità delle trasformazioni?
 
Nel nostro mestiere siamo giustamente sottoposti ad un complesso processo di valutazione del nostro operato: i PII, nello specifico, sono soggetti al Nucleo di valutazione, alla Commissione Edilizia, alla Conferenza dei servizi, ai Pareri dei Settori e ad un insieme ipertrofico e inefficace di regolamenti e norme che appesantiscono e dilazionano nel tempo l’attività di progettazione, e malgrado questo un progetto privo di qualsiasi rispetto per la città compie il suo, magari tormentato e lunghissimo, iter per arrivare alla agognata Approvazione.
 
Non so se oggetto del nostro malessere e sgomento debbano essere innanzitutto l’autore del progetto o gli operatori immobiliari che lo promuovono, io trovo che sia molto più grave che il grande numero di persone che si sono trovate coinvolte nel processo autorizzativo e amministrativo del progetto non abbiano trovato lo spazio o il coraggio di dire no, io esprimo un parere negativo. Penso soprattutto alla Commissione edilizia, che pur essendo costituita da personalità che dovrebbero rappresentare l’eccellenza culturale della città, non ha sollevato il problema.
 
Se mi posso permettere un’osservazione a Biondillo è questa. I nomi che andrebbero forse citati sono quelli dei commissari. Come hanno potuto approvare (magari non sono le stesse persone perché i componenti della Commissione edilizia cambiano, ma non è importante) sia il bellissimo, raffinato e coraggioso progetto della Fondazione Feltrinelli di piazzale Baiamonti (non cito i progettisti di Basilea perché sono infastidito dalle personalizzazioni) e al contempo lo scempio di cui stiamo discutendo di fronte al Monumentale? Siamo di fronte ad un problema di schizofrenia culturale o, come a scuola, dopo mille bocciature anche il pluriripetente ormai diciottenne passa alla fine all’esame di terza media?
Ma di nuovo la questione è la stessa: non è il pluriripetente il problema, sono i professori che, forse annoiati, hanno chiuso un occhio, se però possiamo avere un moto di simpatia verso il diciottenne che senza studiare ottiene la licenza media in una scuola pubblica dove tutti hanno, perlomeno, il diritto di provarci, non possiamo ignorare le responsabilità di chi invece approva progetti che non dovevano e potevano essere approvati.
 
Le trasformazioni urbane in una società aperta e democratica non possono conoscere personalismi, non sono importanti i nomi, sono importanti i compiti delle elite che, scelte dalla collettività, si assumono le responsabilità giudicare nel merito i progetti, di dire sì e di dire no, abbiate pazienza ma dovete rifare tutto perché così non si può fare.
 
Spero che tra i segni di discontinuità di questa Amministrazione ci sia anche quello di capire che non servono centinaia di pareri, di commissioni, di procedure, queste non garantiscono niente rispetto alla qualità dei progetti. Fanno solo perdere un mucchio di tempo e aiutano a prendere per sfinimento chi è preposto a decidere. La cosiddetta conformità è una condizione necessaria ma assolutamente non sufficiente.
 
“I No che aiutano a crescere” diventeranno dei sì quando i progetti saranno cresciuti e se insieme crescono pure i progettisti, tanto meglio.
arch. Francesco Latis


Progetto Porta Volta
giovedì 12 gennaio 2012
Quello che non fecero i barbari, lo farà Pisapia!
Perchè è inutile dire che già la giunta moratti l'aveva approvato, che c'è stata "quasi"
l'unanimità, che finalmente l'ADI avrà una vasta sede ecc. ecc.
Leggo poi che il professor Perotta si offende e si difende, mi sembra logico, ma a noi cittadini che ce ne importa di lui? Rimarra invece lo scempio di una enorme banalità assoluta in una zona irripetibile che apparteneva alla cultura di tutti noi milanesi.
Chi si illudeva che fosse cambiato tutto oggi rimette i piedi per terra:
se prima potevamo pensare di essere oppressi da un potere corrotto che ci era ostile, oggi stiamo forse piombando nel baratro della masochismo:
ci stiamo facendo male da soli.
E sarebbe poco, siamo un istante della storia, il fatto è che tutto quello che distruggiamo lo facciamo per sempre, anche se quello che costruiamo spesso non dura poi tanto, visto per esempio che i due edifici dello stesso professore hanno dovuto essere praticamente rifatti dopo pochi anni.
arch. Renato Trasi

 

Sul PGT
mercoledì 30 novembre 2011
A seguito dell'esame del Documento di Indirizzo Politico del Piano di Governo del Territorio, approvato dalla Giunta il 14 ottobre 2011, la Commissione interprofessionale ha condiviso una serie di considerazioni  qui di seguito riportate, alcune di carattere generale e altre che individuano argomenti tecnici di particolare rilevanza per le possibili conseguenze professionali.

Nel capitolo di introduzione si fa riferimento alla "città come bene comune" e ad una concezione attiva della cittadinanza affinché si generi una partecipazione consapevole della società locale dello sviluppo urbano. Tale affermazione è condivisibile; tuttavia nel capitolo successivo, dove sembrerebbero essere state tracciate le linee guida della nuova politica di governo locale, ci sembra importante sottolineare alcuni aspetti che riteniamo fondamentale vengano presi in considerazione.

Per una politica della trasformazione e di cambiamento, crediamo non vada dimenticato uno dei motori principali attraverso il quale diventa possibile attivare un nuovo processo di trasformazione e cioè la legge del mercato e l'imprenditore che la attua.
Vale a dire che quantomeno non vada sottovalutata, specialmente in un periodo di crisi economica globale,  una forma di coordinamento e collaborazione tra intervento pubblico e iniziativa privata, dove si riesca ad individuare una possibile forma di sinergia tra pubblico e privato, affinchè si attui una logica integrazione delle risorse.

Per citare Zygmunt Bauman al quale spesso fa riferimento il Documento di piano del PGT, va ricordato che per diventare cittadini è necessario generare una "società autonoma attraverso una conquista congiunta di tutti i suoi membri...attraverso dibattiti e negoziati tra individui e bene comune sia pubblico che privato" (sembrerebbe di parte ricordare anche che Bauman sostiene che "gli unici individui che hanno reimparato le dimenticate capacità del cittadino e si sono riappropriati dei perduti strumenti propri del cittadino sono gli architetti, i soli in grado di ricostruire questo particolarissimo ponte"... - pagina 35 del saggio intitolato "Modernità liquida" ed. Editori Laterza).
Riteniamo, quindi, che in un momento di così importanti "riforme sociali" sia necessario cercare di trovare una forma "politica" che miri all'eliminazione del divario di interessi fra pubblico e privato.
 
Tenendo conto di tale premessa sono stati individuati dieci punti che a nostro parere aiuterebbero la politica di trasformazione dell'urbanistica milanese.
 
1.       La flessibilità funzionale è preferibile ad una forma di "dirigismo" in quanto più aperta a cogliere le richieste di mercato
2.       Una maggiore premialità volumetrica in caso di rinnovo del patrimonio edilizio incentiverebbe l'imprenditore ad avviare il processo di sviluppo del territorio secondo le nuove forme che l'urbanistica milanese attraverso il PGT si ripropone di attuare.
3.       Il piano del verde, come risposta a quella che ci sembra essere una richiesta importante in ambito sociale, va curata e studiata in maniera approfondita.
4.       Ci sembra condivisibile che la  qualità urbana significhi contenimento e non densificazione o espansione  della città, sviluppando una  nuova stagione nella produzione di beni pubblici " al fine di praticare la città come bene comune".
5.       La politica di contenimento non deve tuttavia dimenticare che Milano ha bisogno  di un incremento di infrastrutture e che tali progetti vadano coordinati sia a livello comunale, che regionale e nazionale.
6.       Va trattato con particolare cura il controllo della dotazione di servizi compatibili con gli interventi edilizi.
7.       Ci sembra di particolare rilevanza che venga presa in esame l'analisi del sottosuolo milanese e della sua rete di fognature e sottoservizi pubblici.
8.       Andrebbe snellito il procedimento amministrativo dei Piani esecutivi (e in generale le procedure burocratiche amministrative).
9.       E' fondamentale per tutti avere indicazioni sui tempi e i programmi di attuazione del PGT.
10.   Riteniamo importante sottolineare che rimandiamo osservazioni più puntuali a quando ci verranno forniti i documenti tecnici (Piano delle regole e Piano dei servizi) necessari per esprimere una valutazione professionale più  dettagliata.
 LA COMMISSIONE INTERPROFESSIONALE PER I RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

Spunti dal Documento politico di indirizzo per il governo del territorio
mercoledì 16 novembre 2011
Ho letto il nuovo Documento politico di indirizzo per il governo del territorio del Comune di Milano. Esso ha offerto spunti per alcune proposte di seguito riassunte.
 1- "trasformazioni minute" (Milano città)
  Ambiente – La città pubblica come parchi e giardini lungo il corso di canali/rogge/fontanili; progettazione di sistemi di fontane e laghetti artificiali come spunto di riutilizzo delle acque di falda superficiali, rovinose per servizi e infrastrutture sotterranee; se necessario, anche la riapertura – previo adeguato trattamento – di corpi idrici precedentemente tombati.
  Infrastrutture – incremento di forme di mobilità “dolce e in sicurezza”: così recita il Documento a pag. 6.
L'idea di costruire una rete (non tronchi di pista) ciclabile partendo dal considerare quelle strade solitamente di viabilità locale/interquartiere caratterizzate dalla presenza di alberature lineari sul margine dei marciapiedi:
- separazione delle utenze deboli dal traffico automobilistico,
- permeabilità bicicletta-sistema pedonale, accessi facilitati a destinazioni lato strada,
- marciapiedi di sezione maggiore causa presenza chiome di alberi: spazio generalmente più idoneo alla sistemazione di corsie ciclabili.
  Insediamenti – Per le aree dismesse inglobate nei “tessuti consolidati” propongo di intervenire alla ricucitura della maglia viaria secondo gerarchie e collegamenti opportuni in rapporto con le infrastrutture esistenti; per il comparto edilizio è opportuno trarre spunti tipologici e funzionali dallo studio degli insediamenti adiacenti, rifiutando la monofunzionalità (per lo meno lungo la viabilità principale di quartiere/interquartiere/urbana,…) ed aprendosi a nuovi servizi ove necessario (stesso per i comparti di housing sociale: che non facciano l’errore di limitarsi a “sfornare quanti più alloggi possibili” senza contribuire a destinazioni compatibili!). Particolare attenzione alla costruzione dell’identità di quartiere attraverso l’impostazione progettuale di detti interventi.
2- "trasformazioni di maggiore entità" (Milano città, Area Metropolitana)
  Ambiente – Se possibile, riapertura – previo adeguato trattamento – della Cerchia dei Navigli. Parere positivo per quanto detto sul Parco Agricolo Sud e sul consumo di suolo.
  Infrastrutture – "ripensare il governo della mobilità e dell'accessibilità:
 a) modifica al percorso della linea MM4: abbandono della tratta “Monforte – Argonne” (meno trafficata) per servizio sotto l’asse commerciale (e non solo) “Vittoria – 22 Marzo – Corsica”, già segnalata da proposte di sviluppo antecedenti il progetto adottato come definitivo. Ciò contribuirà ad abbattere la congestione su detto asse commerciale con maggior efficacia rispetto alle attuali corsie riservate al trasporto collettivo, frequentemente intasate dall’eccessivo numero di vettori passanti e consentirà di risparmiare circa 1,5 km di tunnel con binari;
 b) ripensamento progettuale dei Bastioni che parta dalla ridefinizione del proprio sistema viabilistico su gomma (sensi unici opposti paralleli, dove possibile), tranviario e ciclopedonale;
 c) tunnel tranviari, ove necessario per esigenze di traffico e caratteristiche delle linee;
 d) completamento della cintura ferroviaria sul lato Ovest;
 e) costruzione di un servizio di battelli sui canali con orari cadenzati esteso su tutte le destinazioni raggiungibili via acqua all’interno dell’Area Metropolitana;
 f) evoluzione dell’attuale progetto di asse sotterraneo come collettore stradale attrezzato percorrente un arco a Nord di Milano a collegamento degli assi dei viali: Kennedy, Scarampo, Fermi, Zara-Testi, Palmanova (maggiori vie di accesso – per sezione e volumi di traffico – dal settore Nord dell’Area Metropolitana, tuttora “morenti” in una maglia viaria di tipo ottocentesco, con sezioni ben più modeste).
  Insediamenti – Su tessuti di frangia ubicati tra il Core dell’area metropolitana e i comuni limitrofi, prossimi a interconnessioni autostradali, superstrade, infrastrutture ferroviarie, tranvie e metropolitane, è necessario pensare a ricuciture tramite costruzione di insediamenti con destinazioni “forti”, supportate dalla progettazione integrata di una opportuna maglia viaria e di adeguati poli intermodali a completamento gerarchico delle infrastrutture esistenti (dove non già fatto o non ancora completato). Terziario avanzato, attività commerciali maggiori, sviluppo di ricettività, residenze temporanee, servizi e funzioni ricreative/fieristiche compatibili con i grandi numeri sono necessari alla vita di Milano e della sua Area Metropolitana: senza la quale le modeste dimensioni del comune centrale non sono in grado di competere con le maggiori metropoli europee e mondiali.
Pianificatore T. - Urb. Giovanni Merlo


Alcuni suggerimenti e osservazioni  redatti in base al documento-Bozza del PIM del 18.10.2011
martedì 15 novembre 2011
1. Blocco dell’attività professionale
Sembra che l’approvazione definitiva del PGT potrà avvenire non prima di marzo 2012.
In momenti di crisi economica perdurante, l’inattività seguita alla entrata in vigore delle misure di salvaguardia e la mancata pubblicazione del PGT da parte della Giunta Moratti, con  la revoca della Delibera di approvazione del PGT da parte di questa Giunta porterà (e di fatto sta già portando) moltissimi studi professionali di dimensioni piccole-medie  a chiudere per mancanza di incarichi di un certo peso che garantiscano una prospettiva di lavoro e di apertura di cantieri per i prossimi anni.

2. Obiettivo strategico del PGT
Per i motivi sopraesposti e’ pertanto urgente approvare una serie di misure tampone che, ferme restando le strategie generali  di revisione del PGT scelti, perlomeno negli ambiti  TUC/TRF e ARU, consenta da subito di promuovere iniziative di trasformazione e di sostituzione, utilizzando criteri di premialità.non temporanee che possano essere incentivanti. Lo scopo è secondo me quello di incentivare la sostituzione di edifici di qualsiasi destinazione dismessi, vuoti e obsoleti  con architetture di alta efficienza e qualità, soprattutto nelle periferie.

3. Indifferenza funzionale in ambito TUC
Nel Documento politico di indirizzo “si vuole mantenere il principio dell’indifferenza funzionale nella città consolidata” introducendo però “anche dei correttivi  per salvaguardare la compatibilità urbanistica delle funzioni in relazione alla vocazione delle aree”.

Il suggerimento è questo: si deve assolutamente superare il blocco delle destinazioni d’uso artigianali/industriali  in edifici esistenti dismessi o di fatto inutilizzati all’interno del TUC,  che si è venuto a creare per la grande quantità di aree con azzonamento I  del PRG del 1980.
Si fa presente che un concetto analogo è contenuto:
a) nel Progetto di Legge regionale approvato dalla Giunta Regionale il 9 novembre scorso. Per creare edilizia sociale si ammette la possibilità di trasformare edifici pubblici e non, dismessi e non, in residenza sociale
b) nella norma contenuta nel Decreto Sviluppo (convertita nella L. 12/7/2011 n. 106) intesa a riqualificare aree urbane degradate e edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ammettendone modifiche di destinazione d’uso purchè si tratti di funzioni tra loro compatibili o complementari, ivi compresi gli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria. Tale norma dal 10 novembre scorso entrerà in vigore comunque anche se la Regione Lombardia fino ad oggi (e fuori tempo massimo) non ha provveduto ad approvare una specifica legge. Sarebbe opportuno conoscere a questo proposito il parere di questa Amministrazione

4. ARU – Recupero della SLP esistente con cambio d’uso – caso di St  > 10.000 mq
Il Documento-Bozza prevede che nel caso di interventi di nuova edificazione - ristrutturazione edilizia / urbanistica con cambio d’uso dovranno essere garantite aree a standard pari al 100% della slp assentita per qualunque destinazione d’uso ad eccezione di nuove attività artigianali ovvero del 36% della slp assentita nel caso di interventi di Housing sociale.
Inoltre è sempre ammesso il recupero della slp esistente con cambio d’uso e Ut 1 mq/mq di cui però 0,35 mq/mq con edilizia sociale.

A questo proposito il nostro suggerimento per creare un serio Housing Sociale, al di là dei parametri quantitativi e degli indici introdotti dal Documento-bozza è il seguente:

* mirare a una progettazione e a costruzione di edilizia di housing di qualità, anche con premi volumetrici mediante disciplina di incentivazione urbanistica (ex L.R.12/05 art. 11 c.5 come modificato dalla LR 12/06 e LR 4/08), fino al 15% della volumetria ammessa e in aggiunta ai bonus volumetrici per risparmio energetico
* premiare gli interventi di cambio d’uso con bonus volumetrici se finalizzati a utilizzare tutta la slp ammessa ad housing sociale (utilizzando il piano-casa adottato dalla Giunta Regionale una settimana fa) fino al 35% della slp esistente
*  riducendo i costi:
-  nel ridurre la quantità proposta di cessione del 36% di  standard  soprattutto in caso di recupero di slp esistente, e sostituendole con più modeste monetizzazioni, anche perché in aree già costruite sarebbe impossibile reperirlo
- abbattendo una parte di oneri  urbanizzativi
-  favorendo la creazione di  servizi di vicinato  come standard  da  scomputare dal calcolo della slp
* Consentire di riportare qualità nelle periferie con la possibilità di favorire la nascita di attività diverse da quelle residenziali (l’esempio del teatro Arcimboldi)
* limitare la quantità di filtrante richiesta del 30% di superficie  se non si vuole aggravare ulteriormente il costo della costruzione con la  creazione di parcheggi  interrati multipiano
 
I parametri e gli indici proposti dal Documento-Bozza, se non venissero corretti, non potranno essere utilizzati data la antieconomicità dell’operazione che ne deriverebbe.
Per di più quando si prevede su lotti con superficie >10.000 mq l’uso di Piano Attuativo.
Infatti, se si considera che l’iter di qualunque piano attuativo nel Comune di Milano ha una durata di almeno tre anni si può intuire quali difficoltà affronti un qualunque operatore economico che si trovi a dover convertire edifici commerciali vuoti e inutilizzati di una certa rilevanza volumetrica in Housing sociale senza adeguate contropartite economiche. La scelta sarebbe obbligatoriamente quella di non operare affatto.

5. Rapporti con gli Uffici Tecnici
A proposito della ventilata possibilità che i professionisti non potranno più ricevere pareri direttamente dai tecnici comunali ma a pagamento e dopo trenta giorni osserviamo che:
* sono anni che si richiede una maggiore efficienza degli Uffici di Edilizia Privata e Urbanistica
* sarebbe auspicabile che ogni pratica edilizia e urbanistica venisse preventivamente discussa (anche a pagamento di congrui diritti di segreteria) in conferenze di tutti i servizi interessati che emaneranno pareri certi e definitivi
* a questi pareri si appoggerà ogni pratica che dovrebbe avere un iter brevissimo
* la commissione Paesaggistica discuterà ogni progetto sempre alla presenza del Progettista
Architetto Claudio Cavalca
 

Osservazione al PGT
Lunedì 31 ottobre 2001
Buongiorno,
desidero porre l’attenzione sul vuoto normativo che rischiosamente lascia l’eliminazione della suddivisione in zone omogenee (introdotte dalla Legge Urbanistica 1150/1942).
Nel PGT non esiste ad oggi un’appropriata normativa di coordinamento che specifichi con chiarezza come debbano rapportarsi ed applicarsi le normative statali e regionali recanti speciali e specifiche discipline e limitazioni riferite alle tradizionali zone territoriali omogenee (in primis quella sulle distanze di cui all’art.9 del DM 1444/1968 che prescrive la distanza di 10 metri tra fonti finestrati eccezione fatta per le zone A).
Si chiede pertanto, pur mantenendo la cancellazione della suddivisione in zone omogenee, di predisporre tale normativa in modo da consentire la certificazione di appartenenza alle vecchie zone omogenee.
Cordiali saluti
architetto Andrea Sacchi
 

Documento di indirizzo PGT Milano
Giovedì 27 ottobre 2001
Trovo difficile entrare oggi nel merito degli "aspetti operativi da mettere a punto" di un Piano che verrà verosimilmente cambiato in molte parti rispetto alla versione per ora conosciuta (quella adottata e controdedotta), anche se in verità si può però fin d'ora ritenere che i meccanismi attuativi che richiederanno maggiori definizione saranno quelli del trasferimento dei diritti edificatori e del funzionamento del Piano del Servizi (e dei un po' oscuri NIL). Ma sarà sul nuovo testo presentato che ci si potrà esprimere più efficacemente.
Credo invece che a un documento di strategia generale quale quello presentato dal Comune sia opportuno che l'Ordine per ora risponda sollevando argomenti disciplinari di carattere più generale (ancorché finalizzati poi ad uno sbocco operativo).
Suggerirei due argomenti poco trattati da documento (ma ce ne possono essere certamente molti di più).

Il primo è la necessità di cogliere l'occasione per fare una valutazione della legge regionale urbanistica. A più di sei anni dalla sua approvazione, varrebbe la pena che nell'intervenire sul PGT della città più importante si spendesse qualche parola su alcuni aspetti della legge che sembrano a mio parere funzionare poco.
Un aspetto su cui riflettere è la famosa articolazione fra tre livelli: Documento di Piano, Piano delle Regole, Piano dei Servizi: funziona? A me sembra che spesso in molti Comuni abbia complicato le cose, aumentato il numero dei documenti da consultare, gli svarioni e le contraddizioni fra un documento e l'altro; nel più semplice dei casi il Piano e le norme vengono semplicemente replicate tre volte, nel peggiore disposizioni sulle aree di espansione le trovo nel Piano delle Regole (guardate ad esempio quante aree agricole sono state classificate "tessuto urbano consolidato" nel PGT milanese) o viceversa, oppure gli stessi argomenti vengono trattati in modo diverse nelle diverse NTA.
Poi ci sono tanti aspetti di dettaglio che però creano molti problemi: ad esempio i termini drastici fra pubblicazione e approvazione (90 giorni), drastici ma ridicoli perché inapplicabili a fronte ad esempio delle quasi 5.000 osservazioni a Milano, le dotazioni di standard che sono meno della metà di quelle normalmente esistenti in quasi tutti i Comuni, di destra o di sinistra, ecc. Insomma, per farla breve, se non è il Comune capoluogo che in occasione del proprio PGT fa qualche riflessione sulla legge regionale e magari chiede qualche modifica  (non quegli aggiustamenti che fanno ogni anno, qualcosa di ragionevole e sostanziale) non vedo chi possa farlo.

Il secondo è qualche riflessione sullo slogan dell'"indice unico".
Se giustamente da più parti negli anni si è richiesto un'uso più equo della discrezionalità pubblica nell'assegnazione dei diritti edificatori (le differenze di valore fra le aree edificabili e non rappresentavano a volte delle vere e proprie ingiustizie, se non metodi per creare clientele per non dire di peggio), si è arrivati ultimamente all'eccesso opposto, alla disciplina "unica" che accomuna centri storici, aree dismesse, zone residenziali, aree agricole e inedificate. Si tratta a mio parere di un nonsenso culturale, perché la finalità dell'urbanistica resta pur sempre quella di realizzare città belle ed efficienti, e non solo quella di livellare le rendite fondiarie ad un unico parametro. In questo senso la distinzione fra aree già edificate allo stato di fatto e aree libere inedificate mi sembra ragionevole da un punto di vista tecnico, corrispondendo a modalità di intervento differenti, a differenti modifiche dei carichi insediativi, ecc. Nel documento di indirizzi mi sembra invece si parli sempre di indice "unico", e questo lascia presagire qualche problema.
Vi ringrazio dell'attenzione, cordiali saluti,
architetto Gregorio Praderio
 

PGT
Giovedì 20 ottobre 2001
Pur apprezzando i molteplici spunti positivi che differenziano la nuova Giunta rispetto alla vecchia, mi sembra che nei documenti ad oggi resi pubblici non vi sia una sufficiente attenzione al consumo del territorio ancora non costruito.  Soprattutto con riguardo all’intera area metropolitana ( mi si potrebbe infatti obiettare che nel perimetro del Comune di Milano non vi è più un mq vergine, a parte il “verde” già vincolato... ), penso che qualunque superficie non antropizzata debba essere conservata come tale. Inutile ripetere che l’impermeabilizzazione del suolo, la concentrazione di materiali assorbenti il calore, il conseguente consumo di risorse di ogni tipo  rendono il clima del nostro territorio vieppiù invivibile, e non è pensabile, per la sopravvivenza dei nostri figli, continuare la trasformazione del poco rimasto.
Si dovrebbe invece  inventare un meccanismo che consenta interventi edificatori o di sola trasformazione di aree già antropizzate, o di consumo di suolo vergine solo in cambio  di ritrasformazione di aree antropizzate in aree libere. Sarebbe compito dell’Amministrazione trovare il modo di risarcire volumetricamente o  economicamente chi ritiene di avere un diritto edificatorio  inibito da suddetto meccanismo.
Penso anche che il discorso valga oramai per l’Italia tutta, e sarebbe opportuno che Milano diventasse il laboratorio di un nuovo modo di usare il territorio, guida poi per altre città.
architetto Piero Baracchi
 

Il decoro professionale e groupon
venerdì 21 ottobre 2011
Ho già scritto non ottenendo alcuna risposta ma vi ripropongo il quesito visto che tutti gli altri ordini degli architetti delle province più importanti d'Italia si stanno muovendo e non vedo alcun cenno da voi.
Ordine degli architetti di Roma:
http://ordine.architettiroma.it/notizie/13348.aspx
Ordine degli architetti di Torino:
http://www.to.archiworld.it/OTO/Engine/RAServePG.php/P/58171OTO1100/M/26341OTO1911
Già da qualche mese si susseguono inserzioni su siti di e-commerce che propongono deal-affari a prezzo stracciato di certificazioni energetiche.
I prezzi offerti considerato che per la metà sono appannaggio del sito internet sono palesemente non solo sottocosto ma praticamente regalano prestazioni e peraltro anche in modo poco trasparente.
Vi chiedo come può questo tipo di offerta conciliarsi con  l'art. 2233 del codice civile in cui si stabilisce che "la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione"?
Dove sta il decoro professionale nel far pagare una prestazione che impiega se tutto va bene un giorno di lavoro minimo meno di 35 euro visto che gli altri 35 sono la tariffa del sito di ecommerce?
Vedasi questa offerta fatta da http://www.smartprojects.eu/ che per sua stessa ammissione è composta da architetti professionisti con esperienza pluriannuale http://www.groupon.it/deals/milano/smart-projects/1043549?nlp=&CID=IT_CRM_1_0_0_278&a=189 (che è solo l'ultima di una serie).
Vi prego per cortesia di chiarirmi questo dilemma che proprio non comprendo.
Grazie per l'attenzione.
architetto Paola Elena Bisone
 

Piccolo sfogo e ringraziamento per gli aggiornamenti
30 settembre 2011
Probabilmente noi architetti milanesi, oltre ad assistere impotenti allo scempio del nostro territorio, dovremmo cercare un interlocutore a cui manifestare il nostro disappunto nei confronti di tutte queste occasioni straordinarie buttate nel ridicolo, nel carnevale, nel meraviglioso quanto vecchio, visto e rivisto, abusato, demodé parco di divertimenti.
Mi dispiace rivedere ancora quanto già visto fare da quelli che hanno imparato da Las Vegas. Mi dispiace vedere ripetersi anche qui nella mia Milano, la stessa identica sfida lanciata da immobiliaristi ignoranti, architetti conniventi e amministrazioni prive di capacità valutative, che mette a gara per chi fa l’urlo più forte, le mostruose, vecchie, disarmanti, vele dello studio Valle con quegli edifici tortili di Autodeskiana origine o con oggetti “bottiani” non identificati centrifugati dai comandi sweep di 3Ds max.
Queste cose saprebbe farle chiunque!
Certo, Munari mi risponderebbe, se fosse ancora in vita (e per fortuna per lui che non lo è più), che chiunque sarebbe ora solo capace di “rifarle”. Ma io gli giurerei e stragiurerei che alla prima lezione di modellazione 3D non solo le ho fatte io, ma le hanno fatte tutti quelli del corso insieme a me e il maestro ne ha fatte ancora di più belle! Solo che poi tutti le abbiamo cancellate perché ci sembrava venuto il momento di passare alle cose serie!
Evviva il rinnovamento, ben venga la novità, ma mai per se stessa! “…non cercate la novità perché la novità è la cosa più vecchia del mondo” diceva Benigni!
Ma qui oltre all’inadeguatezza dei nostri buoni vecchi immortali architetti della vecchia guardia, ad affrontare un futuro che non è più, e già da un pezzo, il loro, appare evidente che le “nostre” commissioni edilizie non sappiano in alcun modo distinguere tra qualità e volgarità!
Questo aggiunge amarezza alla mia carriera di giovane (per i tempi italiani) architetto, e mi rende sempre meno confidente a sottoporre i miei progetti al giudizio di personaggi e “professori” che pur vantandosi di altissime qualifiche, dimostrano a gli occhi del mondo la loro inadeguatezza.
Nutro, inoltre, sempre maggior preoccupazione, sul modo estremamente provinciale con cui viene presentato alla società il ruolo dell’Architettura e dell’Architetto.
Ora che finalmente l’Architettura, dopo gli anni oscuri e bui del postmodernismo e dei palazzinari post Gescal, sembrava riguadagnare merito, ora che, grazie al riutilizzo delle aree dismesse, ai miraggi dell’architettura internazionale, e grazie anche al buon lavoro di qualche nostro bravo rappresentante, era tornata ad essere motivo di interesse collettivo, alla mia amata disciplina viene affidato il gaio compito di farci uscire dall’anonima stantia bruttura del quotidiano milanese coi fuochi d’artificio 3D in colori RGB!
Che povertà e soprattutto che peccato!
architetto Fabrizio Gurrado

Riceviamo questa lettera a fronte della pubblicazione nella sezione 'Milanochecambia' del progetto sull'area della Fiera campionaria di Milano denominato Citylife (NdR)


Architetti merce da sfruttare
13 settembre 2011
Gentili tutti,
leggo con amarezza le poche lettere pubblicate che denunciano lo stato di sfacelo della professione.
Tanti colleghi motivati e appassionati, vengono sfruttati da società che utilizzano collaborazioni a partita IVA o Co.Co.Co anche se di fatto fann un lavoro da dipendente.
Un professionista che fattura esclusivamente per uno studio, con fatturato sotto i 30.000 €, è facilmente intuibile che è un lavoratore dipendente. Questo metodo fiscale deresponsabilizza i datori di lavoro, in quanto il personale si può ampliare e tagliare in poco tempo garantendo flessibilità all' imprenditore.
Ne risente anche la qualità del lavoro in quanto i collaboratori non sono trattati come risorse da far fruttare, ma merce da spremere e buttare, tanto costan poco.
Mi vien da pensare che con l' obbligo della RCA professionale anche ulteriori responsabilità vengano accollate ai dipendenti e con lo scarso potere commerciale che hanno gli architetti sarà difficile difendersi, basta confrontare sulla rubrica del sito dell' ordine il rapporto tra chi cerca e  offre collaborazioni, siamo circa a 1/6....
La maggior parte degli architetti che conosco hanno aperto partita IVA perchè costretti dal mercato del lavoro, non reputo giusto chiamare libero professionista un precario che ha tutti i doveri del dipendente e nessun diritto, con tutti gli svantaggi del libero professionista, ma non i guadagni. ( la tariffa per la collaborazione esclusiva chi l' ha mai percepita?)
Nella gran parte dei paesi della comunità europea, i nostri colleghi hanno un minimo di legge sotto il quale non si può retribuire un architetto, quando perdono il lavoro hanno un sussidio quasi di pari valore allo stipendio percepito e le politiche economiche fan sì  che tutti paghino le tasse, che ricerca e innovazione funzionino dando ossigeno alle nuove imprese e al mercato del lavoro.
Ci vorrebbero politiche fiscali uniche per tutta la comunità europea e una maggiore presa di posizione rispetto al precariato mascherato da partita IVA.
Dal sondaggio del CRESME emergeranno le partite IVA fittizie rispetto a quelle effettive?
Architetto Michaela Piva

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