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Social housing, con quali prospettive?

Dal 29.09.2014 al 29.10.2014

Presso la sede dell’Ordine premiazione dell’Atelier Kempe Thill di Rotterdam, vincitore dell’edizione 2013 del premio Rivolta, occasione per aprire la campagna 2015, con alle spalle 10 anni e 4 edizioni

Martedì 16 settembre presso la sede dell’Ordine è avvenuta la premiazione dell’Atelier Kempe Thill di Rotterdam vincitore dell’edizione 2013 del premio Rivolta, occasione per aprire la campagna 2015, con alle spalle 10 anni e 4 edizioni. vediamo un rapido resoconto

La presidente Valeria Bottelli nel fare gli onori di casa ricorda quanto il Premio Rivolta sia diventata una consuetudine professionale internazionalmente riconosciuta.

Nel ricordo di Ugo Rivolta, il prof. Gianni Ottolini introduce la serata proponendo una lettura dedicata alla casa di via Pepe da lui progettata inizio anni '80. Un esempio di abitazione popolare che dopo oltre 30 anni di vita appare di grande attualità: per la varietà tipologica proposta -corte, ballatoio, schiera etc, assommate tra loro; per l’inserimento nel tessuto e la relazione stretta con la città, attraverso un gioco sottile di continuità della cortina e i materiali. Una casa, conclude, che nella sua memoria si lega allo scritto del ’40 di Gio Ponti su Stile: “invenzione architettura composta”:  di cosa (composta) e di modo (composto).

Paolo Mazzoleni, curatore in tutti questi anni del premio, al solito punta al sodo: non è un caso che il logo del Premio sia proprio la stilizzazione di quel progetto. Un Premio che viaggia a vista, frutto dello sforzo di un Ordine locale e per questo agile, pur coinvolgendo una compagine internazionale consolidatasi nel tempo. in questo senso la prima edizione del premio nel 2007 è proposta nell’ambito della organizzazione dell’Incontro Mondiale degli Architetti svoltosi a Torino UIA 2008. Un tema quello dell’housing sociale che certo allora non aveva l’appealing di oggi, e che se allora in Italia appariva demodé solo parlarne -Matilde Baffa e il suo lavoro in Università ne è testimone- altrove, Olanda Spagna Austria Francia, aveva già ampia eco.

Un premio che ha visto in 4 edizioni 170 progetti a confronto, secondo un metodo di partecipazione in continuo affinamento. Esso prevede infatti una prima fase di preselezione mediante autocandidatura, cui segue una di approfondimento documentario dei progetti selezionati dalla giuria senza limitazione di numero. Giuria il cui presidente è sempre il vincitore dell’edizione precedente, e per il resto composta da 6 esperti tra architetti e developer, dei quali 2 già supplenti nella precedente edizione, al fine di dare continuità al lavoro di discussione.

Un premio di Architettura ‘classico’, il cui senso profondo e finale è volto proprio al progetto, piuttosto che al processo, e per questo dedicato a realizzazioni: dunque un edificio prima di tutto, in qualche modo dovuto proprio alla memoria di Ugo Rivolta, che di questo mestieraccio come l’avrebbe chiamato era entusiasta fautore.

Punto di partenza è stata una definizione ‘in progress’ di Housing Sociale: edificio inteso cioè come frutto di operazioni sia pubbliche che private ma vincolate a regole di assegnazione, dunque abitazioni non rivolte al libero mercato.
Una definizione che per esempio ha messo in difficoltà alcuni riguardo la valutazione di un progetto Austriaco che contemplava la presenza di una piscina condominiale , impensabile in generale in termini di edilizia popolare. Qualcosa si muove? Si, e in questi quasi 10 anni se ne sono viste molte.

Diversi i partner che nel tempo sono entrati a far parte del premio; federcasa, inu, cna, non ultimo il Comune di Milano.

Ma purtroppo una sola pubblicazione cartacea, in occasione della prima edizione del 2007, quando ancora si pensava in grande, editore Abitare Segesta.
L’ultima edizione di quest’anno, non da meno, è stata pubblicata in modo integrale sul sito del nostro Ordine (LINK). Saremo capaci di fare qualcosa di più in occasione del decennale 2015?

Infine una rapida carrellata sui progetti vincitori delle 4 edizioni trascorse:
Guillermo Vasquez Consuegra nel 2007 con un progetto che subito fece storia nell’ambito del social hosung, e che fummo i primi a premiare. In quella edizione ricorda anche la menzione per il progetto di Froetscher Lichtenwagner a Innsbruck, divenuta negli anni successivi icona del social housing e per questo pluripremiata.
nel 2009 un progetto di Budapest a firma di Kis Peter Epiteszmuterme, frutto di una invenzione brillante contro i costi, soluzione di un tema morfologico acuto.
Per arrivare nel 2011 al progetto di berlino dei Zander Roth denominato BigYard, dove il vincolo del mono affaccio è stemperato in una teoria magistrale di diverse tipologie, ma dove anche e finalmente gli italiani Marotta e Basile sono menzionati per il loro intervento al Gallaratese.

Per arrivare alla edizione 2013 che vede in giuria Bart Lootsma e che verrà vinto dal gruppo Kempe Thill, oggi rappresentato da Oliver Thill, in una avvincente edizione che ha visto il confronto di progetti provenienti da Madrid, Majorca e dalla sicilia di grande qualità.(tutti visibili nel sito web dedicato premiorivolta.ordinearchitetti.mi.it.
Rimanda al successivo dibattito gli auspici per la prossima edizione, tra realizzazione di un libro ed alcune tematizzazioni.

Dunque è la volta di Oliver Thill a raccontare del loro lavoro, di cui è stato premiato il progetto HipHouse a Zwolle. Base a Rotterdam, all’interno della mitica fabbrica Van Nelle, ma di origini DDR, nasce a seguito della vittoria di Europan 5. Parla di minimalismo ma non per scelta stilistica, quanto risultato. L’equazione appare relativamente semplice, compattezza:economia=ecologia. E sono numerosi gli esempi di edifici realizzati a partire da un telaio e tamponamento in vetro.

Un progetto sintetico, come dirà Simona Pierini, in cui la compattezza interna e la rarefazione esterna sono tenuti insieme da dettagli, appunto, di sintesi. Un progetto che appare disinteressato al luogo, e di nuovo il dettaglio diventa, afferma Simona, “sineddoche dell’edificio”, risolvendone il ruolo urbano. E l’abitare però non sembra appartenere a questi edifici che sono monumenti distaccati dal contesto. e conclude chiedendosi se si tratta di una provocazione consapevole.

Neverland non è landscape. Oliver Thill concorda, ma non sull’abitare: l’edificio come da loro concepito permette chi vi abita di adattarlo e rinnovarlo con alto grado di libertà, non contenendo programmaticamente elementi di design. È puro contenitore. Considera interessante l’osservazione fatta riguardo l'effetto monumentale, ma non con arroganza: è vero che prevale la scala dell’edificio sulla composizione.
I dettagli infine sono elementari, ma garantiscono tutto il corredo necessario in termini di risparmio energetico.

Stefano Guidarini insiste invece sulla distanza siderale che si coglie rispetto l’idea di casa italiana. La neutralità del progetto lo preoccupa: il prevalere di una immagine quasi industriale, sicuramente del terziario più che della residenza, in alloggi sociali, è l’opposto di quanto teorizzato oltre 20 anni fa da Jean Nouvel per cui meglio 40% di superficie in più che dettagli efficienti. L’impressione è che l’edificio aspiri ad essere un modello, replicabile un po’ ovunque: dove la flessibilità della pianta è la risposta al decadimento della funzione.

Non crede sia lontano dalla cultura italiana, ribatte Oliver Thill. Anzi, la strategia è italiana, e cita Giorgio Grassi, riferendosi alle condizioni attuali del fare architettura.
Un’altra cosa è il contesto, e le condizioni climatiche che naturalmente sono molto diverse in Italia dall nord europeo. E naturalmente si adottano strategie diverse in luoghi diversi.
Infine abitazione e uffici hanno programmi molto diversi tra loro, soprattutto finanziari.

Si procede dunque alla premiazione, e a Matilde Baffa di ringraziare. Il formidabile lavoro compiuto fa apparire il premio come una sorta di seminario permanente. Ribadisce con orgoglio che si parla di edilizia popolare, ma insieme di architettura e qualità.

La tavola rotonda successiva cerca spunti per il futuro.
I temi emersi nel corso degli anni sono molteplici: il prototipo, sostenibilità, il rapporto con gli stili di vita. E oggi la una piattaforma di rete per la raccolta dei progetti, la giuria che si succede con minima continuità. Paolo Mazzoleni propone un giro di desiderata.
Inizia Matilde Baffa, che propone la verifica nell’uso degli edifici premiati, nel corso del tempo.

Giordana Ferri invece di tornare a ragionare di tipologia, e in questo senso di abitare. Vede nel lavoro di Thill un prgetto interrotto, in questo senso: una promessa di libertà, il loft, ma poi la suddivisione tradizionale dell’alloggio vista nei disegni. Le funzioni in questo modo non si sono annullate. Oggi sono fuse, e la sfida è liberare l’alloggio nei limiti del suo uso quotidiano

Simona Pierini sottolinea come la varietà tipologica all’interno dello stesso edificio crea una complessità fertile. E l’esempio di via Pepe è emblematico. Ma sempre innestati nel contesto urbano.

Stefano Guidarini invece propone di approfondire gli aspetti normativi nelle pratiche europee: le differenze locali riguardo, ad esempio: bagni ciechi, riscontro d’aria e doppio affaccio o meno, altezza interna etc. in italia il committente lega il proprio intervento alla permanenza, da cui la grande attenzione anche agli aspetti costruttivi. Gli esempi di Kempe thill si prestano a questo ragionamento.

Conclude Oliver Thill concordando su quanto detto, richiamando però anche questioni di ordine macrostrutturale: dando per acquisiti gli elementi generali di orientameneto della progettazione in senso sostenibile e per questo versato al risparmio energetico, la corsa alle città e l'aumento esponenziale della popolazione urbana pone nuovi programmi ai temi della residenza, di cui il loro lavoro non è che una delle possibili proposte.

arrivederci dunque alla edizione 2015.

Francesco de Agostini
 

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