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Il destino metropolitano dell’area Milano Expo 2015

Dal 09.11.2015 al 09.12.2015

Giovedì 5 Novembre insieme alla inaugurazione della mostra dedicata alle eredità urbane e ambientali di sette Expo, si è svolto un dibattito dedicato alle sorti milanesi. Con Alessandro Balducci, Gianfelice Rocca e Gianluca Vago. Un breve resoconto

Giovedì 5 novembre si è inaugurata la mostra Lo sguardo di otto fotografi sulle eredità urbane e ambientali di sette Expo, riproposizione della mostra allestita nel 2008 a testimonianza degli esiti delle diverse edizioni di Siviglia 1992, Lisbona 1998, Hannover 2000, Svizzera 2002 e Saragozza 2008, cui si sono aggiunti i siti di Shangai 2010 e Milano 2015.
A seguire si è svolto un animato dibattito dedicato al processo che si è innestato con la chiusura della Esposizione Universale, con Valeria Bottelli e Franco Rggi a fare gli onori di casa, ospiti oltre all'assessore Alessandro Balducci, il rettore dell'università degli studi Gianluca Vago e il presidente di Assolombarda, Gianfelice Rocca, estensori della proposta Nexpo per l'area. un breve resoconto



La mostra inaugurata oggi ripropone il progetto del 2008, oggi come allora a stimolo delle diverse istituzioni coinvolte nel processo di qualificazione dell’area. Allora, racconta l’attuale presidente Valeria Bottelli al tempo consigliera, mandammo 5 fotografi a testimoniare lo stato dei luoghi, poi presentati e discussi attraverso la viva voce dei tecnici localmente coinvolti. Ma da parte delle istituzioni non vi fu ascolto, e ogni invito vano.

Non essendo expo-gufi, in questi mesi abbiamo lavorato alla migliore riuscita dell’evento, accompagnando le numerose delegazioni internazionali che ci hanno chiesto approfondimenti oltre che nel sito dell’esposizione, in giro per la città, proponendo tutte le settimane Architectural walks, itinerari del moderno milanese.
Oggi il tema si ripropone più che mai efficace. Per questo, aggiornata con gli scatti dei siti di Shangai 2010 e Milano 2015, la riproponiamo come contributo all’attuale dibattito.

Una prima serata a tema, con Marco Vitale e Lanfranco Senn, organizzata con INU Lombardia, ci ha fatto capire l’importanza del ‘fast post’, l’uso temporaneo proposto, a stimolare un dibattito non ideologico volto a proporre spunti e suggerimenti per il migliore destino dell’area, che oggi vogliamo rinnovare.

Le foto in mostra sono illuminanti riguardo il progetto Expo, afferma il curatore della mostra e vice presidente Franco Raggi, perché esprimono con efficacia il senso delle grandi fiere a tema appartenuto al secolo scorso, fiere spettacolo che malgrado tutto però dimostrano di avere successo di audience. Strutture ipertrofiche costose e complesse in cui per tutti i luoghi analizzati si pone il problema del dopo. Sette anni fa ci interrogavamo, come del resto ora, sul destino di un area con difficili rapporti con il suo intorno. Stasera ne dibattiamo con gli attori dell’unico progetto ad ora emerso sostenibile. Il problema di una area pubblica, infrastrutturata con denari pubblici, dopo le aste di vendita andate deserte, da per acquisito che lo stato verrà coinvolto nel progetto. Il tema dunque ora è nella governance. Arexpo, proprietaria dell’area, è una società per azioni, in quanto tale ha come fine è il profitto, che non appare il miglior scopo del caso.
I temi affrontati da questa esposizione universale sono stati forti, così come il progetto del masterplan redatto dalla consulta architettonica, in particolare da Jacques Herzog, ne ha dato una visione radicale, tradita poi dal BIE (organizzazione a capo dell’organizzazione di expo) che si doveva comunque garantire la sua rendita.
Ora ci aspettiamo una procedura analoga a quanto avvenuto per Londra post-olimpica, con la creazione di una agenzia ad hoc. In Italia questo modello non è mai stato applicato, ma ora che il Codice degli Appalti sembra permetterlo, come ci spiegherà Freyrie, non vogliamo che si cada ancora una volta nell’emergenza.

Nel complimentarsi col catalogo, l’Assessore all’urbanistica prof. Alessandro Balducci riassume in poche parole gli antefatti. Siamo partiti male, ogni istituzione per se, per poi rientrare nei ranghi con il richiamo alla dignità e impegno nazionale del Presidente, facendo con solerzia concentrati sul traguardo immediato –evidentemente rimandando il poi.

Le difficoltà di coordinamento del lavoro sinergico e di collaborazione tra i vari enti, visti da neoassessore, sono titanici. Nei pochi mesi di Expo è però cambiata la percezione comune: da evento a rischio completamento, a grande piazza di incontro di Milano col mondo.
Intanto negli ultimi due anni è profondamente cambiato il mercato immobiliare, al punto che il bando per l’acquisizione dell’area da parte di operatori privati –a base 315 milioni- è andato deserto.

Bisogna dunque lavorare sugli attori coinvolti: se la residenza è una offerta oramai satura, le Università in molte parti della città ne hanno rivoluzionato l’assetto: Bicocca, Bocconi, (e Bovisa?) e ora la Cattolica e le caserme. Infine la proposta del polo tecnologico è parsa puntuale, in questa prospettiva, come polo di interscambio dei luoghi della ricerca, tra pubblico e privato, tra teoria e pratica.
Sulla base di queste sinergie abbiamo un progetto che ha le condizioni per procedere, con l’apporto governativo.

Franco Raggi avrebbe voluto a questo punto sentire la Regione, ma Giuseppe Bonomi, Segretario e Direttore Generale Regione Lombardia, invitato alla serata non ha potuto intervenire. E allora chiede a Università Statale e Assolombarda lumi sulla loro proposta di progetto.

Nel novembre 2014 l’università Statale era stata coinvolta come advisor insieme al Politecnico per valutare il destino dell’area. Azione poi sospesa a seguito della richiesta del Commissario Cantone di indire un bando che aggiudicasse in trasparenza tale incarico. Così si persero mesi preziosi. In quel frangente Gianluca Vago, rettore dell’università degli studi di Milano, ne ha approfittato, racconta, per studiare le proposte allora avanzate, tra cui emergeva il progetto Nexpo di Assolombarda, dedicata alla filiera digitale. Se poi pensata a integrazione delle facoltà scientifiche dell’Università degli Studi –cira 20.000 addetti tra studenti e interni- la cosa gli apparse sempre più interessante.

L’università scientifica italiana ha un ottima resa produttiva sulla ricerca teorica, ma grande debolezza nel passaggio nelle applicazioni per l’industria. In questo quadro, dopo mesi di silenzio, nell’aprile 2015 si è visto di nuovo coinvolto formalmente. A questo punto emergono 2 problemi sostanziali: Governance e tempi. Statale infatti è nelle condizioni di dover avviare un programma di rigenerazione sul patrimonio di città studi urgente e improcrastinabile.

È necessario avere il coraggio di rischiare, per un modello di qui ai prossimi 10 anni. Perché bisogna trattenere le intelligenze e mettere a disposizione dei nostri ricercatori tecnologie non ancora disponibili. Un modello di campus già noto nel mondo, ma per essere urge una regia.

Il progetto Nexpo inizia con la presidenza di Gianfelice Rocca ad Assimpredil (giugno 2013). Oggi è in gioco la competitività di Milano nel mondo, afferma. A fronte del posizionamento al 50% sul fronte innovazione, siamo solo al 25%  di brevetti nella ricerca: ovvero i ricercatori pubblicano tanto ma non cambiano il mondo attorno a loro. Expo sorprende i nostri salotti, afferma con aplomb britannico, e la digitalizzazione della società è implacabile. Il sogno allora è avere università e imprese a fianco, una metaforica mensa dove si raccolgono le menti più brillanti che dialogano tra loro, come testimonia succedere all’Humanitas, di cui è stato fondatore.

Ora è cruciale una vision espressa chiaramente dalla governance, che deve rapidamente costruire il proprio management (non solo l’aplomb… dalla laude in Fisica a Milano in gioventù passa per la Harvard Business school). Parallelamente, le imprese si devono poter organizzare consapevoli di avere rapporti di vicinato virtuosi e connotati anche in diverse competenze: digitale alta gamma, artigianato, ricerca agro-alimentare.

Deve essere, afferma, come un campo magnetico che orienta le forze, di cui ora si vede la volontà ma non ancora la capacità di ottenere risultato. Fondamentale dunque darsi una dead line. Le condizioni ci sono, afferma: la Bocconi è nella top ten, le facoltà di scienze sono molto forti e il Politecnico è al 15 o 16 posto nella graduatoria mondiale.

Comunque sia, non dimentichiamo che si tratta di un progetto pubblico, taglia corto Leopoldo Freyrie, impegnato da tempo sul fronte della semplificazione del Codice degli Appalti. In Italia abbiamo una situazione disperante, con Anas che ha dovuto accantonare cifre come 8,5 miliardi per contenziosi e riserve in giudicato. Non si tratta tanto di corruzione, riguardo cui siamo in media europea, quanto di rispetto e codifica delle regole. Parliamo di una cifra pari a 4 ponti sullo stretto, 6 Expo. Il problema è la mancanza di progetto. Dunque non vogliamo emergenza, leggi speciali o commissariamenti. Vogliamo management capace ma dentro le regole.

Ricorda che le PPP –partnership pubblico privato- tendono a non funzionare, facendo a gara tra loro a fregarsi reciprocamente. La governance è cruciale: su expo tutto bene e collaborativi fino a che non si è entrati in odore di elezioni. Per cui è necessario che sia trattato come un progetto pubblico, discusso a porte spalancate e non nei soliti salotti buoni… se il progetto è forte e condiviso, la politica si adegua, essendo debole e post-ideologica.
Il futuro non è un motore diesel, e la forza del progetto deve trascinare la politica.

Franco Raggi ha domande per tutti: essendo unico rappresentante del governo, Alessandro Balducci si è fatto una idea di agenzia cui fa capo il progetto?

Presto detto: sin da luglio, appena nominato assessore, ha lavorato su un protocollo di intesa tra le istituzioni pubbliche coinvolte. Quasi ci siamo, forse anche con la Regione che inizialmente frenava.

Quindi chiede a Gianluca Vago: ma Politecnico e Statale parteciparono alla gara al massimo ribassodel dopo Cantone? Quanto tempo intende dire a limite della decisione? E quali i costi previsti?

È bizzarro, afferma il Rettore, che sia l’università a dettare i tempi. Ma per noi è necessario poiché città studi compie 100 anni questa settimana e li sente tutti. Immagina che per la ristrutturazione in area ci vogliano circa 200 milioni €, e farebbe impressione spenderli su edifici comunque già vecchi. Per il nuovo polo la stima fatta da cdp è paramentrica, e comunque legata a numerose variabili. Per dicembre è cruciale arrivare a una decisione. E sa, dopo 20 anni di lavoro all’ospedale Sacco, che l’area è difficile. Rispetto ai salotti di cui ha parlato Freyrie, afferma che non crede nella democrazia vigilata -da figlio di falegname brianzolo il suo è un salotto piuttosto grezzo.
Infine, per rispondere a Raggi, non hanno partecipato come advaisor al bando per l’evidente conflitto di interesse che si genererebbe avendo noi già fatto l’offerta.

Comunque sia, ribadisce Leopoldo Freyrie, trattandosi di progetto e di denari pubblici, il dibattito deve essere pubblico, è anacronistico si arrivi ancora ad un fronte tipo No-tav.
In particolare poi si chiede perché la pianificazione nel frattempo non sono gli assessorati a farla? La programmazione non necessita di strumenti straordinari.

Interviene a questo punto Emilio Battisti, per ‘fatto personale’. È infatti coordinatore del gruppo che con il ribasso di oltre il 60% si è aggiudicato l’incarico di advisor per Arexpo a 30.000€. Loro intenzione era di proporsi per 1€ a testa, a titolo simbolico, per un impegno che ritiene essere doveroso da parte del mondo accademico.

Dal pubblico Marco Pestalozza si dice entusiasta per il progetto Nexpo e preoccupato per il discorso politico di Freyrie: se permettiamo che tutti dicano la loro finiamo come succede nei piani di zona, di cui siamo in balia.

Ma stiamo chiedendo solo procedure di pubblica evidenza, afferma Valeria Bottelli, a salvaguardare l’alternativa progettuale di un area pubblica.

Abbiamo bisogno del cliente con le sue idee, non di una assemblea di condominio. Nessuno intende sostituirsi alla politica, e la direzione strategica è di sua competenza, afferma Giandomenico Rocca: noi mettiamo domanda e competenze. È necessario un lavoro di progettazione per milioni, altro che ribasso d’asta a 30.000€. un cliente che non è il cittadino, ma la sua rappresentanza politica che ha responsabilità decisionali.

Ribadisce Alessandro Balducci: un piano ora senza avere un programma, come già fatto da Arexpo, sarebbe un disastro.

Rincara Rocca: non si tratta di un processo decisionale collettivo. Ora è necessario il cliente.
E, aggiunge Balducci, senza accordi un piano con su scritto università non serve a nulla.
Incalza Vago: i finanziamenti per altro saranno inferiori a quanto stanziato a fondo perduto per la Brebemi, altro che 320 milioni.

Dal pubblico una cittadina del quartiere Gallaratese chiede se viene preso in considerazione l’intorno del progetto: su 100.000 abitanti hanno solo una piccola biblioteca.
Risponde Giandomenico Rocca lancia in resta: quando abbiamo iniziato l’Humanitas a Rozzano, era il Comune della provincia che ospitava il maggior numero di pregiudicati per reati penali. Con l’arrivo dell’ospedale tutto è cambiato, è naturale l’indotto sull’intorno.

Dal pubblico : cosa ne sarà di città studi?
senza difficoltà potranno esserci insediamenti residenziali di qualità, ma anche il Politecnico ha bisogno di spazio, afferma l’assessore –per altro ex prorettore vicario del Politecnico- Alessandro Balducci.

Un’altra domanda dal pubblico: come architetto mi sento un artigiano, in estinzione e oggetto di caccia. Ma non posso non dire che Rozzano è in realtà cambiata con l’arrivo del tram 15 e la MM. Esorta poi a fare concorsi e creare opportunità.

È sotto gli occhi di tutti i l nostro sforzo pre e post Expo in questa direzione, afferma Valeria Bottelli, e dire che vogliamo una procedura di evidenza pubblica significa proprio questo: concorsi concorsi concorsi.
Abbiamo messo a punto con il Comune e l’Ordine degli Ingegneri una piattaforma informatica, concorriMi, che ha avuto il coraggio di superare le macchinosità procedurali, arrivando a garantire l’accesso ai giovani grazie alla nomina ex post di collaboratori quando richiesto dalla complessità dell’opera in oggetto. E 3 concorsi di progettazione ed 1 di idee solo a Milano in un anno e mezzo; e se città come Torino, Varese e Luino ne stanno facendo uso, significa che funziona. A riprova il fatto che a vincere i concorsi fatti sono stati prevalentemente giovani sotto i 40 anni, cui non vi è stato alcun ricorso.

Giandomentico Rocca ritorna sul tema: un conto è fornire linee urbanistiche alle università, che decideranno poi, come i privati, modalità di sviluppo dei propri investimenti, che non passano necessariamente attraverso strumenti concorsuali. Ora il tema è urbanistico, che deve cucire un piano adatto per l’università e appetitoso per i provati da coinvolgere.

Non da meno Vago sottolinea come a Lodi i bandi siano andati lisci e per il Policlinico invece il concorso del 2005 sarà concluso se va bene nel 2021: anche lo strumento concorsuale ha le sue difficoltà.

Leopoldo Freyrie si sente frainteso: nessuno ha chiesto burocrazia. Ognuno deve fare la propria parte: l’area è pubblica e le conseguenze sono complessive per tutta la città.
attorno al tavolo si decide cosa serve al privato ma anche la vita dei cittadini. Non dimentichiamo che è una area pubblica, e ci vuole altro che assemblee di condominio: si sta chiedendo concorsi obbligatori, no al basso ribasso, con tempi ammibnistrativi brevi e certi e tempi del progetto adeguati, affinchè si vada in appalto con progetti esecutivi e non preliminari, in base ai quali costruire evitando riserve e contenziosi. È tutto scritto nella normativa comunitaria.

Dal pubblico Cecilia Bolognesi sottolinea come l’università sia stata spesso utilizzata a risoluzione di molti contesti critici. Non  potrebbero esserci, come a Londra, altri attori interessati oltre quelli già in gioco?

Alessandro Balducci ricorda che i 250.000 posti di lavoro persi dell’industria sono stati risarciti grazie anche alla leva delle università. Altri attori sono al vaglio, si è citato alta gamma, la Scala, ma è importante lavorare su più fasce culturali.

Giandomenico Rocca riporta dati per l’industria farmaceutica in crescita, e ribadisce l’opportunità di un hub industriale come backoffice della ricerca. Va però offerto un  campus efficiente, sono in gioco i prossimi 10 anni. I nostri ricercatori più brillanti, gli ERC (European Reserch Council) sono un dato di flusso negativo: se ne vanno ottenuto il finanziamento, e Milano è già fortunata rispetto al resto d’Italia, aggiunge Vago, al sud ci sono il 40% di studenti in meno.

Dal pubblico  Michele Sacerdoti, iper attivo consigliere di zona 3, come spiega presentandosi, chiede attenzione riguardo le diverse identità dell’area di Città Studi e degli edifici vincolati, della cascina rosa e il 50% del verde a Expo come deciso da referendum, auspicando la realizzazione di un acceleratore di particelle sotto il decumano, un investimento sicuramente utile… ma a quest’ora della serata forse forse appena fuori tema.

Francesco de Agostini

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