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Temi, crisi, riconfigurazione: Rapporto CRESME sullo stato della professione dell'Architetto in Italia

Dal 13.06.2011 al 12.09.2011

Il Consiglio Nazionale presenta il documento elaborato dal Cresme sullo stato della nostra professione, per disegnare le strategie del futuro

Il Consiglio Nazionale degli Architetti PPC il 27 maggio 2011 ha presentato il rapporto sullo stato della professione di architetto in Italia, realizzato con il Cresme. Di seguito la presentazione del documento da parte del CNAPPC con alcune indicazioni relative il lavoro futuro che intende sviluppare.

Si segnala che l'ultimo capitolo del Rapporto riguarda l'elaborazione dell'indagine sviluppata sui 4 Ordini di Milano, Treviso, Como e Bari. I risultati del sondaggio compiuto sul campione di iscritti di Milano è stato pubblicato lo scorso autunno.
A breve si segnala un approfondimento del sondaggio sui 4 Ordini citati, oltre che l'allargamento del campione di riferimento ad altri 12 Ordini nazionali.

Fotografare ed analizzare lo stato della professione, in relazione al mercato delle costruzioni, è necessario sia per aver consapevolezza delle condizioni del lavoro, sia per disegnare le strategie per il presente e il futuro.

Lo stato di crisi del mercato e del lavoro per gli architetti è grave ed oggi siamo nel guado tra la fine di un ciclo dell'edilizia e l'altro: il nostro compito e dovere è guidare il percorso e creare le condizioni perché gli architetti italiani escano dalle difficoltà odierne, progettando soluzioni che, assieme, pongano rimedio ai problemi del lavoro e offrano progetti utili allo sviluppo del Paese e alla salvaguardia dell'ambiente urbano e rurale.

Il rapporto mette in luce due grandi ordini di problemi: uno è lo stato della domanda di architettura, il secondo è la condizione professionale. In entrambe le questioni dobbiamo avere le idee e la forza di mettere in atto strategie lungimiranti e celeri, viceversa i danni saranno permanenti.

La domanda di architettura è gravemente diminuita, sia nel settore privato che in quello pubblico, ma soprattutto dà segni di profondo cambiamento. Il mercato tradizionale ha avuto una contrazione drammatica e irreversibile e nel futuro rimarrà solo una frazione, pur importante, dell'intero.

Appare perciò chiaro che, senza piangere sul latte versato, dobbiamo immaginare e progettare il contesto per una crescita di uno sviluppo diverso e nuovo, non aspettandoci molto né dalla politica né dalla finanza, che dal 2009 hanno dimostrato la loro incapacità di visione se non buon senso.

La rigenerazione urbana strettamente legata agli standard ambientali è il progetto che dobbiamo perseguire, partendo dai dati oggettivi dello stato di degenerazione delpatrimonio edilizio italiano e dalla richiesta di innalzamento della qualità dell'habitat da parte dei cittadini. Azioni immediate in questo senso, dal micro al macro, sfruttando gli strumenti normativi e le disponibilità finanziarie private esistenti, possono essere il volano di avvio di un nuovo ciclo, come alcuni esempi sul territorio già dimostrano.

Il progetto necessita una capacità di visione a vent'anni, ma azioni immediate; un'alleanza forte tra tutti gli attori della filiera delle costruzioni, ma anche con la società civile; una seria capacità di innovazione nell'approccio e negli strumenti della progettazione; la capacità di fare "rete" sia nel Paese che in Europa.

Perciò, a fianco del progetto di riconfigurazione della domanda di architettura, è indispensabile e urgente fare una serie coordinata di azioni per adeguare le caratteristiche dell'offerta di architettura al mercato.

Dal Rapporto emergono con evidenza alcuni problemi seri sui quali intervenire:

- la condizione di emarginazione giovanile e femminile degli architetti italiani, in quanto soggetti deboli che più hanno sofferto dell'impatto della crisi;
- la necessità di disegnare nuove forme organizzative per gli Studi di Architettura per accedere più facilmente al credito, condividere il know-how, avere maggiore capacità di concorrenza sul mercato;
- ripensare la formazione e integrarla con la formazione permanente, investire in innovazione;
- investire sulle politiche per la qualità, e perciò il merito, sia nel mercato pubblico che in quello privato; uscire dalla confusione tra giuste regole e mera burocratizzazione.

La Condizione lavorativa ed economica di giovani e donne sarà affrontata con iniziative politiche, deontologiche e di regole per mettere tutti gli architetti italiani su un piano di pari opportunità: giovani e donne architetti sono una riserva di idee e capacità su cui costruire il futuro dell'architettura italiana.

I giovani talenti devono avere la possibilità di emergere e devono essere sostenuti nell'accesso al mercato con iniziative di informazione, formazione ma anche di vero e proprio sostegno fiscale e legislativo.

Le donne architetto devono essere messe in grado di lavorare al pari dei colleghi uomini, di essere adeguatamente rappresentate, di uscire dal cono d'ombra di una cultura retriva inaccettabile in un Paese civile.

Gli Studi di Architettura possono essere quel fondamento su cui costruire quella "città dei creativi" di cui tutti parlano, ma su cui pochi investono. Le norme degli ultimi anni hanno disegnato, viceversa, strutture altre che, grazie alla capacità economica invece del merito, hanno contribuito a emarginarci sul mercato.

Per questo abbiamo pronta la proposta di legge per l'istituzione delle Società di Architettura, promuoveremo le reti interdisciplinari e transfrontaliere con apposite iniziative, ma pretendiamo anche, a fronte di un processo di modernizzazione e auto riforma, che lo Stato sostenga con apposite politiche fiscali la creazione di nuovi Studi, gli investimenti in tecnologia e ricerca, la creazione di organismi professionali pluridisciplinari.

L'Università deve prendere atto delle mutate richieste della domanda, tenendo saldi i fondamenti formativi, ma adeguando i fini della ricerca e dell'insegnamento: verrà avviato un confronto franco e aperto che, partendo dalle analisi del rapporto, definisca le priorità formative in relazione alla realtà delle cose. La formazione permanente è la scommessa di domani, insieme possiamo aiutare gli architetti italiani a crescere.

Il riconoscimento della qualità del nostro lavoro e la sua utilità sociale dipendono da noi, ma lo Stato e gli Enti Locali devono collaborare a costruire il contesto necessario perché si affermi la qualità dei progetti e dell'habitat. Nei governi del Paese, ai diversi livelli, ancora si afferma una politica più "economicistica" che economica, di breve respiro, che riporta ogni scelta ad una rozza valutazione di mero costo, nonostante la storia – anche recentissima - ne abbia dimostrato non solo i limiti, ma anche la capacità distruttiva del sistema.

L'Italia ha bisogno, in generale, di politiche per la qualità, e particolarmente per l'architettura; ha bisogno di investire sulle nostre idee, perché noi non siamo solo codici fiscali bensì costruttori del futuro e dell'habitat dei cittadini; ha bisogno che il mondo della produzione (Confindustria, Sindacati, ecc) rinunci alla logica sbagliata di guadagnare piccoli spazi a danno dei professionisti, condividendo invece la comune missione di fare sistema: le nostre idee e know how con la loro sapienza costruttiva e l'innovazione.
Insieme possiamo esportare valori economici e culturali di qualità nel mondo.

Gli architetti italiani possono disegnare il proprio futuro partendo da quello che possono fare per l'Italia, innovando l'approccio e tenendo salda l'etica, progettando città ambientalmente sostenibili: ne discenderanno anche redditi adeguati e una maggiore competitività sul mercato globale.


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