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Settimana del 28 Gennaio 2008

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia.

Da quarant'anni accasciati come Fracchia
La poltrona "Sacco" nasceva nel 1968
La Stampa
29-01-2008

 

La scena non si dimentica. Il tentativo del ragionier Giandomenico Fracchia di sedersi comodamente - è il "comodamente" la vera impresa - sul sacco davanti al temibile capufficio è un'immagine che ha segnato un'epoca entrando nel costume. Una gag senza tempo: Paolo Villaggio il ragioniere, Gianni Agus il dirigente, e la poltrona "Sacco" Zanotta che costringe Fracchia a contorsioni e acrobazie.

Quello strano puff quest'anno compie quarant'anni. E a dispetto dell'età sembra un giovane ribelle che ancora non ha svelato il suo mistero: ma è davvero così difficile domarlo e sedercisi sopra? A inventarlo furono, nel 1968, tre giovani designer, Franco Teodoro, Cesare Paolini e Piero Gatti. Che stravolsero così gli schemi dello stile dell'arredamento. Collezionata in ventisei musei d'arte moderna tra i più importanti al mondo, considerata tra i modelli best-seller di tutti i tempi, la poltrona Sacco ha introdotto un nuovo modo di concepire l'oggetto d'arredo, in aperta rottura con la tradizione italiana che nel salotto vedeva la stanza buona da aprire per le grandi occasioni: la poltrona Sacco, invece, si poteva e si doveva stropicciare e all'occorrenza trasformare in comodissima seduta.

 

Opere senza programmazione
Il vicepresidente del Consiglio nazionale degli Architetti PPC illustra il manuale per la p.a.
Italia Oggi
30-01-2008


«In paesi come Francia, Spagna e Inghilterra se un'opera da realizzare deve durare in media sei anni, due sono dedicati alla programmazione, due alla progettazione e due anni alla realizzazione. Al contrario in Italia ci vorrebbero almeno cinque anni e mezzo per la realizzazione, sei mesi per la progettazione e nessun mese per la programmazione». È partito da questa constatazione Massimo Gallione, vicepresidente vicario con delega ai concorsi e lavori pubblici del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, nel presentare il «Manuale di buona pratica. La programmazione dei lavori pubblici. Il concorso di progettazione», che verrà presentato al congresso nazionale del Cnappc in programma a Palermo dal 7 al 9 febbraio.

Lo studio ha analizzato il Codice degli appalti, i due decreti correttivi e il regolamento.

Domanda. Quali sono i motivi che hanno portato alla realizzazione del manuale?

Risposta. Occupandomi nel Consiglio nazionale di aspetti relativi ai lavori pubblici si fa presto ad accorgersi che in Italia le disfunzioni non sono poche. Quando si confronta il meccanismo italiano con la macchina produttiva e amministrativa di altri paesi dell'Unione europea, si vede che le differenze sono tante, anzi troppe. Abbiamo potuto verificare le metodiche di lavoro di paesi come Francia, Germania e Inghilterra, dove la macchina amministrativa funziona bene e si hanno riduzioni di tempi e costi per la realizzazione di opere pubbliche In Italia invece i tempi di produzione sembrano infiniti e altrettanto lo sono i costi, con relativa insoddisfazione da parte degli utenti.

Antonio Ranalli

 

La Repubblica
30-01-08, pagina 9, sezione MILANO
L'intervento
Quella mensa sembra un ghetto


Ciò che sta succedendo in via Calvino, dietro al Monumentale, merita una duplice preoccupante considerazione: sociologica e urbanistica. Un grande albergo-mensa, destinato a ospitare immigrati, privi di stabile dimora, verrà costruito per iniziativa dall' ente religioso Fratelli di San Francesco. Iniziativa lodevole, ma condotta in modo poco saggio, giacché il numero esorbitante dei futuri ospiti sta creando un giustificato allarme fra gli abitanti del quartiere. Considerati i recenti episodi di violenza, risultano comprensibili i timori delle famiglie residenti. Tutti sappiamo che tali violenze sono imputabili non solo, come erroneamente pensano i più, alla natura traviata di alcuni immigrati, ma anche alla mancanza di accoglienza decente e di assistenza dignitosa da parte degli enti pubblici. Resta tuttavia assodato che i crimini vengono commessi ripetutamente; e la gente, in mancanza di una presenza assidua delle forze dell' ordine, teme che una così alta concentrazione di immigrati rappresenti una minaccia per la sicurezza del quartiere. Anche dal punto di vista degli stranieri accolti nell' albergo-mensa, è controproducente se non avvilente ammassarli all' interno di un unico casermone, dove la possibilità di integrarli con la popolazione locale diventa difficile e problematica. La costruzione dell' edificio è stata autorizzata all' interno di un' area ristretta, compresa tra il tracciato delle Ferrovie dello Stato da un lato e il volume di un albergo economico dall' altro. La distanza fra l' edificio esistente e quello in costruzione è minima; il tracciato dei binari ferroviari si trova vicinissimo; l' area libera intorno all' edificio è del tutto insufficiente. Inoltre la volumetria supera di molto l' indice regolamentare di fabbricazione. è mai possibile permettere la costruzione di un edificio di tale dimensione, destinato a una comunità densa e numerosa, in una posizione così priva di aria, di spazio, di luce? Una posizione che ricorda tristemente i malsani bassifondi delle città industriali del secolo XIX. Un recente severo giudizio sugli italiani li ha definiti una poltiglia amorfa e inconcludente. Ma se si pensa all' irresponsabile condotta dei nostri amministratori e alla avidità dei loro complici costruttori, non di poltiglia si deve parlare, ma di insaziabile speculazione e di arrogante politica urbanistica.


JACOPO GARDELLA

 

 

Architettura MADE in Italy
Dal 5 al 9 febbraio Milano ospita la prima edizione di "Made", la fiera dell'architettura, del design e dell'edilizia
La Repubblica
31-01-2008

 

Materiali, tecnologie progetti. Oltre cento gli incontri in cui si affrontano i temi della sostenibilità e dell'innovazione. E un'esposizione a cui partecipano 14 grandi architetti da tutto il mondo

Dal 5 al 9 febbraio Milano ospita la prima edizione di "Made", la fiera dell'architettura, del design e dell'edilizia. Soluzioni concrete e grandi prospettive.

Un appuntamento che abbraccia a 360 gradi la cultura del costruire e si rivolge oltre agli operatori del settore anche al mondo dell'università e della ricerca. La nuova fiera dell'architettura, alle quale hanno aderito oltre 1.800 aziende, nasce dalle ceneri di SaieDue, l'appuntamento bolognese che dopo 26 anni di vita ha chiuso i battenti con l'edizione di marzo 2007. Nel trasferimento a Milano due in particolare sono le novità: il valore culturale dell'evento (che presenta oltre cento convegni e la mostra "Skin" a cui partecipano 14 architetti da tutto il mondo) e una maggiore apertura all'estero.


Un viaggio tra le culture del mondo alla scoperta delle architetture |e delle soluzioni tecnologiche |di Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Sudafrica, India, Cina, Giappone, Spagna, Italia, Russia, Messico, Arabia Saudita, Marocco. Sono 14 i paesi che si mettono in mostra a Made dando vita a "Skin - superfici d'architettura". La mostra, che si snoda su una superficie di tremila metri quadrati, si apre su una piazza ideale delimitata da 14 pannelli bifacciali, uno per nazione, in cui sono raffigurati i colori, le architetture e gli stili di vita tipici di ogni paese. Dallo stile innovativo di New York al minimalismo giapponese, dal new style di Milano all'estro messicano: 14 architetti presentano in forma fotografica progetti realizzati recentemente |o in fase di realizzazione nelle varie nazioni. Mentre quattro giardini (zen, esotico, nordico e inglese) collegano i 14 spazi nazionali e completano |la scenografia ricca di cambi di luce |e scandita da musica new age, suoni della natura ed echi etnici. Oltre a Massimiliano Fuksas, Daniel Libeskind, Mphethi Morojele e Hafeez Contractor, tra gli altri architetti che partecipano alla mostra ci sono Mario Cucinella, Dominique Perrault, Cristoph Ingenhoven, Zaha Hadid, Kengo Kuma, Fernando Lopez Carmona, Yung Ho Chang, Boris Birnaskoni e Ghorafi Jamal Eddine.

 


Foster: edifici ecologici. Purini: attenti al territorio
Italia Oggi
30-01-2008

Nella comunità dei progettisti è in corso un acceso dibattito sulle nuove verticali: si contano sulla punta delle dita i grattacieli finora realizzati in Italia e gli esempi che il nostro paese può vantare costituiscono quelle che Renzo Piano definisce piuttosto come «case alte», basti pensare che il nostro grattacielo più alto è ancora il Pirellone di Gio Ponti a Milano che misura appena 126 metri contro i 300 della Torre progettata da Rem Koohlas a Città del Messico o i 425 metri della North-east Tower di Hong-Kong di Cesar Pelli. I progettisti non sono affatto d'accordo sull'ergere a nuovo simbolo della modernità il grattacielo, sebbene questo liberi aree verdi, sfrutti l'energia eolica e lasci spazi per la città. C'è chi sostiene che la sfida ecocompatibile non passi per questa tipologia, c'è chi invece porta come modelli da seguire lo sviluppo verticale degli Emirati Arabi o della Cina. Ma cosa ne pensano gli architetti? Per Franco Purini è giusto progettare grattacieli anche in Italia purché si tenga presente il rapporto con la città, un grattacielo deve essere radicato bene nel territorio, nascere da un tracciato, in passato il nostro paese ha svalutato questo modello nel suo complesso, oggi si sta colmando un ritardo. Massimiliano Fuksas promuove il grattacielo a pieni voti: è ecologico, in quanto a consumi ha raggiunto un punteggio altissimo nel protocollo di Itaca, pagellometro degli ecobuoni e degli ecocattivi, riduce la mobilità, recupera verde e costruisce senza consumo di spazio, ammonisce però contro la costruzione di gruppi di grattacieli isolati: vanno concentrati.


Valentina Piscitelli


Cinque anni di pressing
Dopo cinque anni la Commissione Ue torna alla carica sulle professioni
Italia Oggi
30-01-2008

 

Dopo cinque anni la Commissione Ue torna alla carica sulle professioni. Era infatti la primavera del 2003 (si veda Italia Oggi 22/3/2003) quando l'allora commissario europeo Mario Monti annunciava ai media i risultati di uno studio indipendente su tariffe, pubblicità e collaborazioni interprofessionali che segnava l'inizio di una battaglia, ancora in corso, a favore delle liberalizzazioni. Cinque anni fa, l'istituto di Vienna incaricato di realizzare la ricerca faceva sapere che nei paesi europei con scarsa regolamentazione in materia di professioni la libera concorrenza non rappresentava un freno per l'economia, anzi era considerata uno stimolo alla generale creazione di ricchezza, senza che questo comportasse una minore tutela dei consumatori. Dal 2003 a oggi tanta acqua è passata sotto i ponti. Solo per l'Italia sono state avviate le procedure di infrazione su avvocati, architetti e ingegneri. Procedimenti definitivamente archiviati anche attraverso la prima lenzuolata del ministro dello sviluppo economico del luglio 2006. Ma la battaglia dell'Ue continua.

Ignazio Marino

 

 

«Polis», un e-book di Manni
Corriere del Mezzogiorno
31-01-2008

 

Da domani, venerdì 1 febbraio, sarà on line e gratuitamente scaricabile dal sito www.mannieditori.it il nuovo e-book dell'editore salentino Manni: «Polis. Dialogo di sociologia urbana», di Franco Ferrarotti e Massimiliano Fuksas. Questa volta Manni sposta il suo interesse dalla narrativa alla saggistica, affrontando temi legati all'architettura, all'urbanistica e alla sociologia urbana. Si tratta di un testo che affronta l'analisi della realtà urbana contemporanea mettendo a confronto le competenze di un grande sociologo (Ferrarotti) e di un grande architetto (Fuksas).

 


La Repubblica
31-01-08, pagina 34, sezione CRONACA
hafeez contractor uffici infosys - bangalore, india 14progetti dalmondo
daniel libeskind dam; museum residences - denver, colorado Mpethi Morojele/MMA Architects Freedom Park - Tshwane, Sudafrica davedere

 


Un viaggio tra le culture del mondo alla scoperta delle architetture |e delle soluzioni tecnologiche |di Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Sudafrica, India, Cina, Giappone, Spagna, Italia, Russia, Messico, Arabia Saudita, Marocco. Sono 14 i paesi che si mettono in mostra a Made dando vita a "Skin - superfici d' architettura". La mostra, che si snoda su una superficie |di tremila metri quadrati, si apre |su una piazza ideale delimitata da 14 pannelli bifacciali, uno per nazione, |in cui sono raffigurati i colori, |le architetture e gli stili di vita tipici |di ogni paese. Dallo stile innovativo di New York al minimalismo giapponese, dal new style di Milano all' estro messicano: 14 architetti presentano in forma fotografica progetti realizzati recentemente |o in fase di realizzazione nelle varie nazioni. Mentre quattro giardini (zen, esotico, nordico e inglese) collegano i 14 spazi nazionali e completano |la scenografia ricca di cambi di luce |e scandita da musica new age, suoni |della natura ed echi etnici. |Oltre a Massimiliano Fuksas, Daniel Libeskind, Mphethi Morojele |e Hafeez Contractor, tra gli altri architetti che partecipano alla mostra ci sono Mario Cucinella, Dominique Perrault, Cristoph Ingenhoven, Zaha Hadid, Kengo Kuma, Fernando Lopez Carmona, Yung Ho Chang, Boris Birnaskoni e Ghorafi Jamal Eddine.

 

La Repubblica
31-01-08, pagina 34, sezione CRONACA
L'idea: Fuksas è uno degli architetti che prendono parte alla mostra 'Skin'
Pelle, superficie e leggerezza scorciatoie per la profondità


Se l'involucro di un edificio non viene assunto come parte separata dal suo interno non ci sono limiti alla libertà espressiva

Tecniche come il taglio laser hanno disegnato complessi merletti su lastre in metallo o su prodotti sintetici come il corian. Resine di ogni genere, traslucide o opache, hanno permesso di stabilire una nuova relazione fra i luoghi e le facciate degli edifici che li occupano. Quanti saranno coloro che hanno pensato che l' epidermide era ed è l' unico sistema che abbiamo per trasmettere ai centri nervosi il piacere o il dolore? Non so se siano in molti. Ma quello che è sicuro è che la sensibilità che la pelle ci conferma è anche la stessa delle emozioni che ci prendono con maggiore intensità. Confondere la pelle di un organismo con la "skin" di un' architettura mi sembra non lontanissimo da quanto negli ultimi decenni è accaduto nella ricerca architettonica. Da quando, all' inizio degli anni ' 80, la mostra al Beaubourg de "Les Immatériaux" pose quasi per la prima volta, mia memoria, la questione della perdita di "materia" di un' opera o di un corpo solido, il percorso compiuto dalla ricerca "antiformalista" è stato veramente significativo. La prima risposta al superamento del formalismo e delle geometrie semplici (e a volte stucchevoli) avvenne selezionando artificialmente due elementi che compongono l' architettura: 1) il programma funzionale con gli spazi di servizio e serviti, 2) una "pelle" (allora chiamata carrozzeria) che creava un involucro alle funzioni preordinate andandosi a sovrapporre e aderendo al massimo a quello che si potrebbe considerare il motore. Chi usava la metafora dell' automobile aveva chiaramente diviso il progetto espresso come un diagramma da quello che doveva essere la pelle sensibile dell' edificio. L' immagine divenne perciò la conseguenza naturale a tale processo di semplificazione. E questo avvenne in pratica per buona parte degli anni ' 80. La reazione all' artificio che abbiamo espresso arrivò con l' idea dell' architettura-scultura. Si trattava in questo caso di avere un involucro di grandi capacità espressive che racchiudeva il vuoto. Uno spazio libero disegnato dall' andamento topografico che la tensione dei materiali produceva. Per molti la skin diveniva un aspetto ulteriormente formale. Sembrava che appena liberati dalla schiavitù e dalla pesantezza della materia quello che rimaneva non era altro che una filigrana o un merletto raffinato. Era in pratica reintrodurre la decorazione usando un altro sistema compositivo e un differente linguaggio. Ma sempre di decorazione si trattava. Alla critica le risposte sono state innumerevoli e i risultati sono appassionanti. Rapidamente si è data una sensibilità espressiva all' involucro. La ricerca è figlia di una rinnovata attenzione al mondo della biologia molecolare (c' è una similitudine a cui si può pensare immediatamente, è la cucina molecolare di Ferran Adrià, grande cuoco catalano) oppure al mondo marino o ancora al vegetale o alla concrezione di materiali, o ancora alle dune del deserto o all' erosione dei venti e dei mari sulle rocce e le scogliere. Come un enorme gabbia "filata" da un figlio del mondo degli aracnidi, l' involucro dell' architettura ha incominciato a tessere linee e percorsi imprevisti. Se la pelle di un edificio non viene assunta come parte separata dal suo interno allora tutto è permesso. Non ci sono limiti alla ricerca e la nascita di nuovi materiali ha permesso di celebrare una grande libertà espressiva. Negli anni ' 60 una parte della ricerca del mondo dell' arte fu rivolta al trattamento delle "superfici". Superficie e materia divennero per molti artisti il solo linguaggio espressivo per portare l' arte al di fuori della figurazione e del realismo. Piero Manzoni, usando bianchi monocromi, modellava la tela fino ad assumere piegature gessose e ombre casuali. Oppure la materia veniva trattata come una pellicola in cui gli strumenti dell' artista tracciavano solchi. Lucio Fontana con concetto spaziale trasformava il lavoro dell' artista in modo radicale. Il gesto del tagliare era sintesi del suo pensiero e del suo agire. Fontana poteva rivolgersi alla tela bucandola o perforandola. Castellani invece esaltava della tela la metodica duttilità a creare puntigliose emergenze. Di preferenza è il solo colore, e il monocromo detta le regole del trattamento delle superfici. L' ispirazione come già accennato al mondo dell' arte ha fatto sì che negli ultimi anni l' architettura ritrovasse un naturale equilibrio e vicinanza con l' estetica. L' artista Olafur Eliasson è osservato più dei maestri del passato da molti architetti. Una mostra oggi che documenti la stretta connessione fra architetti e materiali (skin) è quanto mai opportuno. La superficie come abbiamo più volte affermato, può andare oltre il suo oggettivo bidimensionalismo, creando l' illusione di un universo che si costruisce in questa "flat city" verticale. Le facciate scompaiono come geometria e compare un nuovo linguaggio. La decorazione e la superficie possono divenire struttura di comunicazione. In molti casi si assiste a un racconto con codici sconosciuti che rimandano all' epoca in cui la prospettiva scientifica non era ancora nata eppur tuttavia i segni producevano emozioni come quando si sfiora un materiale o una superficie sensibile.


MASSIMILIANO FUKSAS


La Repubblica
01-02-08, pagina 7, sezione MILANO
Parla la curatrice della mostra 'Expo per Expos', dal 4 febbraio in Triennale
'Così quell' evento del 1906 inventò la Milano cosmopolita'
Tra i padiglioni c' erano palazzi cinesi, architetture arabe. La vocazione internazionale della città nacque anche da quella occasione

 

"Expo x Expos - Comunicare la modernità - Le esposizioni universali 1851-2010" apre lunedì, in prima mondiale alla Triennale: dopo il 30 marzo, la mostra girerà in tutto il mondo. Un percorso offrirà uno sguardo storico sulla sessantina di esposizioni che si sono susseguite a partire da quel primo maggio 1851, quando Londra mostrò con orgoglio al mondo il suo stupefacente palazzo di cristallo costruito per l' occasione. E una sezione curata dalla storica dell' architettura al Politecnico Maria Antonietta Crippa con Ferdinando Zanzottera è interamente dedicata a Milano. Per mostrare come quell' Expo dei primi del ' 900 abbia aiutato la città a diventare ciò che è oggi. Architetto Crippa, come raccontate Milano? «L' installazione consiste in un grande cilindro che all' esterno presenta, attraverso 60 fotografie, manifesti, cartoline e altre immagini, l' Expo milanese del 1906; all' interno, in un filmato di 6 minuti realizzato da un gruppo di studentesse dello Iulm, si narra la storia della Triennale». Cos' è stata per Milano l' Esposizione Universale, che tracce ha lasciato nel tessuto urbano? «Nel 1906 la grande manifestazione occupò due aree, il Parco Sempione e l' odierna Fiera "storica". Erano collegate da un treno elettrico per i visitatori, che furono oltre 10 milioni: una cifra notevole, come notevole fu lo sforzo organizzativo fatto dalla città. è interessante notare che le due aree sono state, per così dire, segnate nel loro destino dalla manifestazione: hanno mantenuto entrambe la destinazione espositiva, la Fiera per motivi ovvi, il Parco Sempione perché, in seguito, ha ospitato la Triennale». Quali impulsi ha ricevuto la città per il suo sviluppo? «Milano era già avvantaggiata da una rete di trasporti capillare all' interno e ben sviluppata verso l' esterno. Furono costruiti, per l' occasione, molti edifici in muratura, ma di interesse architettonico piuttosto irrilevante. L' ingresso all' Expo riproduceva l' imbocco del tunnel del Sempione, che era stato realizzato in quell' epoca e al quale si ispirava l' esposizione; i padiglioni, in seguito, furono quasi tutti distrutti, tranne quello dedicato alla piscicoltura, che era anche uno dei più pregevoli: è l' odierno Acquario Civico». Oltre all' Acquario non è rimasto altro? Un' impronta, un segno? «Dei tanti padiglioni dell' Expo, molti erano dedicati a Paesi stranieri. C' era l' Egitto, che ricostruì un quartiere di città egiziana con i suoi mestieri e commerci, c' era la Cina: forse Milano ha accentuato, grazie a quell' avvenimento, la sua vocazione internazionale, la sua capacità di capire e accogliere. C' era anche la Germania, che realizzò nel suo padiglione un self-service: era il primo che si fosse mai visto a Milano, ma poi l' idea prese piede. E poi ho trovato abbondanza di cartoline, manifesti, vignette in cui Milano prendeva in giro se stessa, l' Expo e le sue costruzioni effimere: forse anche questo è rimasto, l'autoironia».


MARIELLA TANZARELLA


La Repubblica
03-02-08, pagina 2, sezione MILANO
Il consigliere leghista: 'Ai limiti dell' area proibita è il caos'
Salvini: Esiti modesti va chiuso tutto il centro

 


Matteo Salvini, consigliere comunale della Lega, il suo bilancio di un mese di Ecopass? «Anzitutto vorrei dire che, dovendo usare la mia Bmw diesel del 2001 per il mio lavoro di consigliere, ho acquistato una tessera da 50 ingressi e ne ho già usati 15-20». E in generale? «Vedo luci e ombre. Fra le prime, almeno in centro il traffico è obiettivamente diminuito. Inoltre, prendendoli io stesso ho la sensazione che più gente usi i mezzi pubblici per entrare a Milano. Ho chiesto i dati all' Atm, per verificare». E le ombre? «Vedo un aumento di parcheggi, code e ingorghi ai limiti della zona Ecopass. Poi, raccolgo proteste di persone costrette a entrare in centro in auto perché fanno i turni, e alle 4 il metrò non c' è. O perché sono guardie giurate, e non possono portare il revolver sui mezzi. O perché sono artigiani e trasportano attrezzi o materiale. Pagheranno un migliaio di euro l' anno ed è molto. La giunta dovrebbe venire incontro a chi non ha alternative». Che cosa farebbe lei? «Prendiamo corso Magenta. In direzione del centro, hanno fatto la corsia riservata a bus e taxi. Consentirei l' accesso alle corsie preferenziali a tutte le due ruote. Inoltre, i varchi sono spesso mal segnalati, al limite del tranello. Prevedo migliaia di multe a cittadini del tutto ignari». La qualità dell' aria è migliorata. «Bene, ma ritengo dipenda poco dall' Ecopass, semmai più dalle caldaie, sulle quali pure il Comune sta intervenendo. Non che la Lega sia il partito delle automobili, al contrario chiedevamo targhe alterne per sei mesi in inverno. Avremmo tolto dalle strade 400.000 auto al giorno. Il centrodestra ci ha detto di no». Un voto all' Ecopass dopo un mese? «Sei. Non può fare di più, riguardando solo il 4% della città. La Lega riproporrà la chiusura del centro, però do atto al sindaco di avere avuto la forza di andare fino in fondo. A fine anno saranno i milanesi a giudicare».


STEFANO ROSSI

 

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