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Settimana del 21 maggio 2007

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008

Categoria: eventi di architettura
Testata: La Repubblica
Titolo: L'architetto Renzo Piano come Scamarcio, in adorazione 3mila ragazzi
Autore:
Data 22/05/07


L'incontro con i ragazzi del Politecnico. "Mi fate un regalo straordinario"
Più bono di Scamarcio, più ribelle di Vasco, più fantasioso di Ibrahimovic. Ha un bel dire che «non se ne può più dell´architetto star, io mi dimetto seduta stante da questo ruolo». La verità è che i 3mila ragazzi affastellati ovunque, su scomodi sgabelli, seduti per terra qualcuno addirittura un po´ arrampicato su un albero, sono lì solo per lui, Renzo Piano. Per riprenderlo con videocamere, macchinette digitali, telefonini. Per registrare accostandosi agli altoparlanti il suo discorso, in un silenzio da meditazione trascendentale. Per spellarsi le mani in continuazione. Per assediarlo alla fine con richieste di autografi (dopo il numero 200 si perde il conto) che prosciugano il suo leggendario pennarello verde, quello con cui disegna ogni progetto, compreso uno che improvvisa lì al momento e regala all´ateneo. «È l´uomo che ci ha insegnato la leggerezza, la tensione verso l´alto, quasi verso l´assoluto, che ci fa sperare di poter puntare alla bellezza e l´eleganza».

Il ruolo dell´architetto star non gli piacerà, ma tale è stato - come un attore, come un cantante, come un calciatore - ieri mattina nel cortile della ex fabbrica Ceretti & Tanfani alla Bovisa. «Ma mi avevate detto che era solo un incontro con alcuni studenti», dice commosso ai vertici del Politecnico appena si trova davanti questa muraglia umana. «Questo è un regalo straordinario, anche perché viene dall´università dove mi sono laureato nel 1964 - uno dei 5 laureati di quell´anno - e che poi ho occupato nel Sessantotto, ma solo di notte perché di giorno lavoravo. Finito di stare nel mio studio, andavo in ateneo e alimentavo la mia utopia di cambiare la Terra. E in effetti un po´ l´ho cambiata, ognuno di noi architetti cambia un po´ i posti, questa è la magia». Il sognatore Piano invita i ragazzi a esserlo ancora e sempre: «Ascoltate le persone, ascoltate i posti, indagate sulla parte nascosta dell´iceberg, girate il mondo, ormai l´Italia non esiste più, esiste l´Europa. E ribellatevi, perché la ribellione è la voglia di capire meglio», e qui qualche prof, dietro al sorriso d´ordinanza, ha forse qualche brivido al pensiero che obbediscano all´ordine.

I ragazzi annotano compunti, senza perdersi una sola sillaba: «È un momento storico», dice qualcuno. In fondo non ha torto: il Politecnico una lezione all´aperto non l´aveva mai fatta. Gli aspiranti architetti donna se lo mangiano con gli occhi, quando dice: «Il nostro è un lavoro straordinario, il più bello del mondo, coinvolgente, di struggimento interiore. Ma anche di avventura se vogliamo: quando abbiamo scavato nella Potsdamer Platz a Berlino sono venute fuori 7 bombe, per fortuna erano russe, quindi erano inesplose, mentre a Los Angeles trivellavamo alla ricerca di acqua e veniva fuori solo petrolio, e oltretutto di qualità così cattiva che non potevamo neanche farci i soldi». Quand´è il momento delle domande, poche perché Piano è atteso alla Triennale per la mostra a lui dedicata, ci sono quasi accenni di rissa per afferrare il gracchiante microfono e farsi notare.

Alla fine vengono fuori tre domande. Una sull´emergenza ambientale e il ruolo degli architetti, che gli offre il destro per un sinistro ai Comuni «che puntano ancora sui parcheggi e i sottopassaggi, invece di pensare ai mezzi pubblici» e sembra un bell´accenno a Milano, anche se l´interessato poi nega. Una sui suoi maestri («Prouvet, Zanuso»). Una sui rapporti tra architettura e politica che accoglie con una battuta, «se poi mi spediscono in prigione almeno venitemi a trovare», ma che gli regala l´applauso più lungo quando dice: «La politica è una cosa nobilissima, che qualcuno riesce a rendere ignobile. Ad esempio non facendo i concorsi per i progetti urbanistici e quindi puntando tutto sugli amici degli amici invece di dare spazio ai giovani talenti. Io non ero nessuno quando a 30 anni ho fatto il concorso per il Beaubourg e ho vinto, qui in Italia come avrei fatto?» «Ma perché non si candida? Lo voteremmo in massa», dice sottovoce un ragazzotto riccio a un collega lampadato lì accanto. Quando finisce il discorso, è una canea: i 3mila si riversano in massa su di lui, le fanciulle anche con qualche gridolino di gioia, per uno stritolamento d´amore (e di libri, giornali e bloc note). E poi dicono che i giovani non hanno più punti di riferimento.


Categoria: progetti per milano
Testata: La Repubblica
Titolo: LA MILANO DEI PROGETTI
Autore: Maurizio Bono
Data 24/05/07



Isola ultimo atto: lì spunterà un "bosco verticale"

Centocinquanta incontri, 8 mesi di stop ai lavori per rifare il progetto daccapo, cambio di architetto in corsa (dal modenese Tiziano Lugli al milanese Stefano Boeri). E poi strade spostate per favorire il verde, bocciofila e spazi comuni offerti per conquistare il sospirato consenso dei cittadini, trattative sui varchi necessari per far sì che quel fazzolettone di verde tra grattacieli e case nuove - l'equivalente arrotondato per eccesso dei praticelli destinati a sparire davanti e dietro alla Stecca degli artigiani - sia "di quartiere" e non un parchetto privato di lusso come a Milano ce ne sono fin troppi.

Ma cos'avrà mai, il progetto Isola-Lunetta, dopotutto "solo" 29 mila metri quadri di case, negozi e spazi pubblici, solo un frazione modesta dei quasi 230 mila metri quadri del progetto Garibaldi Repubblica, per monopolizzare tanto l'attenzione e meritare tanto studio e fatica? Di risposte ce ne sono tre: una ovvia, l'altra che nasce dalla storia recente e la terza che forse è solo un sospetto. Cominciamo dall'evidenza: il 90 per cento dei 140 mila metri quadrati interessati alle trasformazioni di Garibaldi-Repubblica sono spiazzi sterrati, l'emblema di 40 anni di incapacità di governare lo sviluppo, un vuoto diventato nei decenni, come un vino d'annata dimenticato in cantina, un capitale raro. La zona tra via De Castilla e via Confalonieri, invece, è un ex quartiere operaio dove ci sono case e gente in carne e ossa. E, in più, quella stranezza carica di buone intenzioni e a volte pessimi risultati che è la Stecca.
Con questo, siamo alla seconda ragione di centralità della grana Isola: da ormai 25 anni, intorno a quella ex fabbrica senza pretese nel cuore del quartiere si è giocata una partita infinita. Nel primo tempo (durato dagli anni '80 al '96) in campo c'erano un gruppo di artisti, che la occupò per farci mostre temporanee, e il Comune, che non riuscì mai a farci nulla, se non minacciarne ogni tanto lo sgombero. Nel secondo tempo (1996-2001) contro il Comune si schierano anche Comitato Isola, Legambiente, l'Oratorio, l'Associazione "Sulla stessa Strada" e poi una ventina di artigiani, un pittore, altre associazioni, comitati. Le prime quattro sigle salvano e sistemano a giardino l'area verde, gli altri aprono bottega nei locali fatiscenti rivitalizzando con belle iniziative la zona. Finchè nel 2001 si comincia a parlare del progetto Isola-Garibaldi e nel febbraio 2004, col concorso per la sistemazione di 100 mila metri quadrati a parco, i nodi vengono al pettine.

Stefano Boeri, l'architetto che ora ha in mano almeno un bandolo dell'ingarbugliata matassa, rivendica: "Senza false modestie, credo di avere un po' influenzato tutta la faccenda fin da allora, quando abbiamo scelto il progetto vincitore per la sistemazione del parco". Lui era il presidente della giuria, sul tavolo c'erano 10 finalisti. Solo due, racconta, avevano notato che in un angolo dell'area c'erano case abitate, gli altri ne avevano considerato l'abbattimento un danno collaterale. Uno dei progetti era quello vincitore, dello studio olandese Inside Outside, l'altro, arrivato secondo, era di Giancarlo De Carlo, architetto-pensatore di sinistra scomparso nel 2005. De Carlo aveva poi cominciato a discutere con gli artisti e i comitati, intuendo che la Stecca sarebbe stato il successivo problema urbanistico sul tappeto. A quelle riunioni, che stavano a quelle dei progettisti di Città della Moda e Varesine come una vivace assemblea studentesca a un consiglio di amministrazione, dopo un po' ha preso il suo posto Boeri, con in tasca l'incarico conferitogli dalla multinazionale immobiliare Hines, patron dell'85 per cento degli interventi in zona e, dal marzo 2006, proprietaria anche dei terreni all'Isola.
Il mandato è di generoso buon senso, date le circostanze: trovare l'accordo. Le condizioni (Hines non è un ente benefico) sono: tener duro sui 29 mila metri quadri totali. Mano libera sul resto, invece: ripristino dei giardini, che prima sparivano sotto palazzi a schiera, purchè salendo in altezza si recuperi in volume; spazi per artisti, artigiani e cultura in cambio della Stecca (Fondazione Catella, nuova Stecca, incubatorio delle arti); apertura del giardino al quartiere; pedonalizzazione di un tratto di via De Castilla per non separare i nuovi giardini dalla Biblioteca degli alberi. Pace fatta? No, come si sa: alla Stecca alcuni hanno resistito fino allo sgombero (nel frattempo una ventina di spacciatori se n'erano impadroniti mettendo su un suk per lo spaccio) e tuttora resiste la sede di Rifondazione (sfratto rinviato al 2 luglio). Ma molti altri, comitati, artigiani e artisti, hanno partecipato attivamente alla trattativa.



Categoria: degrado
Testata: Corriere della sera
Titolo: «A Est della città, dove domina l'incuria»
Autore: Arturo Buzzolan
Data 24/05/07


In periferia così come vicino al centro la zona est della metropoli è assediata da degrado e sporcizia ormai cronici. Sotto accusa anche l´arredo urbano, spesso senza criterio, e vere e proprie discariche abusive mai ripulite le strade. I cantieri tra Argonne e Forlanini hanno lasciato lunghe toppe d´asfalto sconnesso che sembrano sterrati

Monumenti in rovina, arredo urbano a pezzi o privo di criterio, discariche a cielo aperto in mezzo ai palazzi. Da Città Studi a Porta Romana e dintorni, passando per piazzale Lodi, ecco il viaggio allucinante riservato a chi si azzardi a fare una breve passeggiata nei quartieri est di Milano: neppure questa zona sfugge al degrado che assedia la città. La fontana-immondezzaio - Piazza Leonardo Da Vinci, il cuore di Città Studi. Un quartiere che dovrebbe essere uno dei fiori all´occhiello della città.
E invece la piazza, il suo biglietto da visita, fa cadere le braccia. Al centro dell´area pedonale, sul lato di viale Romagna, sorge la grande scultura-fontana realizzata da Andrea Cascella una trentina di anni fa, "Nel giardino della pace". C´è un´iscrizione ormai quasi illeggibile: "La Metropolitana milanese alla Città di Milano". Un dono che appare tristemente abbandonato al suo destino. Il granito rosa è deturpato ovunque dai soliti scarabocchi a vernice spray, l´acqua della fontana è colma di immondizie, galleggianti e non, che nessuno si cura di portare via. Il consueto mix di inciviltà e degrado in un luogo che però non è isolato, ma al contrario molto frequentato da studenti, mamme con bambini, anziani a passeggio: e, tutto intorno al monumento dove qualcuno ha anche appoggiato il rottame di una rossa bici Bianchi, ecco l´asfalto della piazza pieno di crateri, in rovina da chissà quanto tempo. Stessa impressione di abbandono che si ha camminando verso l´università: i giardini attorno alla statua di Eugenio Villoresi sono belli ma sporchi, pieni di cartacce, rifiuti, stracci: incuria e scarsa civiltà, anche qui.

Il biglietto da visita - Viale Argonne è uno degli ingressi alla città: chi arriva dal cavalcavia Buccari passa di qui. E fa un certo effetto, appena terminata la discesa del cavalcavia, vedere in piena città, sulla sinistra, dove comincia via Marescalchi, una discarica a cielo aperto che da anni sembra essere ormai istituzionalizzata: una settimana fa c´era uno scooter semisfasciato e senza targa ricoperto da una quindicina di pneumatici e accompagnato da immondizia e da un televisore sfondato; ieri, dopo che l´Amsa era passata a pulire per l´ennesima volta, qualcuno ha abbandonato una bombola del gas. Inciviltà, questa, che però poco più avanti lascia il posto all´incuria: in tutta la zona i cantieri hanno lasciato rattoppi e approssimative lingue d´asfalto dove le auto sobbalzano come su uno sterrato mentre moto e bici si trovano in seria difficoltà. Per averne un esempio basta farsi un giro in via Don Carlo San Martino e via Cardinale Mezzofanti, che collegano viale Argonne con viale Forlanini.
Chi invece si chieda che fine possano avere fatto i panettoni in cemento rimossi da certe strade del centro, vada a colpo sicuro poco più in là, in corso Plebisciti: su un lato della polverosa banchina spartitraffico al centro del viale, che serve da parcheggio nonostante vi siano stati ottimisticamente piantati cartelli che segnalano la pista ciclabile, tre panettoni giacciono abbandonati, uno accanto all´altro, col consueto contorno di spazzatura. Chi li avrà abbandonati lì? E perché? Mistero. Il cimitero delle auto - Non è fuori città, ma in viale Umbria, ad esempio davanti al numero 89. Anche qui, come in Plebisciti, ecco una sporca e polverosa banchina spartitraffico adibita a parcheggio. Il fatto è che molte auto sono ridotte a rottami che nessuno rimuove. Come una Panda targata Milano 2P... parzialmente bruciata, senza i vetri, piena di rifiuti e circondata d´immondizia, o come altre utilitarie o furgoncini appena meno malandati e usati come rifugio dai disperati: su una vecchia Seat parcheggiata davanti alla Panda, sotto il sole, c´è un ragazzo magrebino che dorme con la portiera accostata e un braccio che pende fuori. Chissà quanto avrà pagato, per quel giaciglio, al racket che gestisce e dà in affitto le carcasse.

La discarica - In piazzale Lodi un cartello di divieto di sosta sradicato giace, curioso contrasto, sull´erbetta all´inglese, tagliata di fresco, nell´aiuola centrale. Ma questo sarebbe il meno. Perché accanto all´imbocco del cavalcavia di Porta Romana, sulla destra andando verso il Corvetto, appena dopo l´edicola, c´è uno spettacolo incredibile. Una discarica a cielo aperto, che forse un tempo doveva essere un deposito, con tanto di lucchetto e cartello sbiadito a pennarello dove si indovina la scritta: "Atm, lasciare (libero) il passaggio". Chissà, forse l´area appartiene a qualcuno che ce l´ha con l´azienda trasporti e ha deciso di farle fare una figuraccia: perché è sconcertante vedere in piena città, sotto gli occhi di migliaia di passanti, un tale ammasso di erbacce, immondizia, detriti, cartelli stradali divelti, cestini dell´immondizia, blocchi di cemento di ogni forma e dimensione, oltre naturalmente al solito contorno di disegni spray.


Categoria: degrado
Testata: La Repubblica
Titolo: Siringhe e sporcizia dove nascerà il Memoriale sullo sterminio
Autore: Arturo Buzzolan
Data 24/05/07



di Arturo Buzzolan
Il binario 21 della stazione Centrale è un simbolo della vergogna ma diventerà un luogo d'incontro tra civiltà, di dialogo». Parole del sindaco Letizia Moratti e del capo dello Stato Giorgio Napolitano, quattro mesi fa, all'inaugurazione di quello che è stato presentato come il Memoriale della Shoah, nel luogo dove gli ebrei venivano ammassati sui carri piombati in partenza per i campi di sterminio. L'indirizzo è via Ferrante Aporti 3, su un lato della stazione, All'incrocio con via Palestrina. E, passati gli annunci e le cerimonie con le autorità, l'ingresso a quel terribile sotterraneo è tutto fuorché un simbolo della memoria. È, piuttosto, l'emblema dell'incuria e dell'abbandono, che non risparmiano neppure un posto come questo. Sotto il porticato, sulla strada, giacciono una scarpa nera da uomo e un sacchetto pieno di rifiuti, sui basamenti delle colonne ci sono due flaconi di metadone, perché da queste parti lo spaccio è indisturbato, esplicito, a viso aperto, come testimonia il ragazzo nordafricano, in giacca a vento rossa nonostante il caldo, che poco più in là, all'angolo con via Tonale, vende di tutto a chiunque glielo chieda. Comunque il peggio è al di là del cancello, nell'androne d'ingresso al binario 21 dove venne ricevuto il presidente della Repubblica.

Il pavimento è costellato da stagnole, cartacce, scatole di cartone, bottiglie vuote. In un angolo c'è pure una siringa. Su tutto domina, insopportabile, l'odore di urina. Nel salone accanto, risalendo lungo via Aporti, si scorgono abbandonati, a mucchio, scatoloni che contenevano fiori, e il pensiero corre ancora alla cerimonia di quattro mesi fa. Venti metri più in là un altro choc. Un altro sfregio a un luogo che meriterebbe, in attesa della ristrutturazione, almeno un minimo di rispetto. Il marciapiede si riduce per far posto a un grande passaggio carraio che porta ai sotterranei. Sembra costruito piuttosto di recente: in fondo c'è un'imponente saracinesca sormontata da un semaforo, ci sono cartelli stradali e sbarre bianche e rosse. Ma è tutto abbandonato e in condizioni disastrose: spazzatura, escrementi, siringhe ovunque. Disperati e clandestini usano la lunga rampa come gabinetto anche in pieno giorno, sotto gli occhi degli inquilini delle case di fronte. Passa quasi inosservata, a questo punto, la poltrona arancione abbandonata assieme a qualche sacchetto dell'immondizia in mezzo a via Pierluigi da Palestrina, tra le auto in sosta più o meno vietata. Difficili da non vedere, invece, i mucchi di spazzatura di ogni genere abbandonati in via Padova, tra marciapiede e strada, in mezzo ai pilastri del ponte su cui passa la ferrovia.

La città a pezzi - Rapido passaggio davanti alla Centrale: qui, aldilà dei rifiuti lasciati a ciclo continuo dai senzatetto che sostano nel piazzale Duca d'Aosta, spiccano pietre e rivestimenti spaccati o mancanti lungo il perimetro e accanto alle scalinate. Nella fetta di città a nord dei Bastioni, del resto, gli esempi di arredo urbano lasciato a se stesso si sprecano, anche nei luoghi simbolo. Basta una passeggiata in corso Como per accorgersene: tra dehors affollati e vetrine trendy le due grandi fontane rotonde e coperte di ruggine, una vuota e l'altra piena a metà di acqua stagnante, fanno un effetto grottesco. Stessa sensazione poco più avanti, in viale Crispi, di fronte alle quattro recinzioni da cantiere verdi, malandate e ormai coperte di scritte spray, che rivestono i pali di sostegno di altrettante pubblicità. Le mini-discariche - Anche da queste parti le mini-discariche a cielo aperto non mancano. Qualche esempio: immondizia di ogni genere nel lungo fossato dei Bastioni di Porta Volta all'altezza di via San Marco; brande, cartoni, elettrodomestici e assi di legno, il tutto ammucchiato e protetto da una fila di panettoni sbrecciati, dietro al distributore di benzina all'angolo tra viale Crispi e via Volta; e, ancora una volta, spazzatura in un luogo che meriterebbe un po' più di decoro, e cioè il muro del cimitero Monumentale lungo una stradina che è stata intitolata a Galileo Ferraris. Qui giacciono un tavolo sfasciato, pneumatici, cartoni e tante cianfrusaglie: oltre la recinzione si vedono tombe, statue, crocefissi. Corso Sempione choc - A proposito di monumenti, l'Arco della Pace. I residenti lamentano chiasso e schiamazzi tutte le notti sotto le loro finestre ma anche dal punto di vista dell'arredo urbano qualche guaio c'è.






Categoria: riforma delle professioni
Testata: Italia Oggi
Titolo: Nuova petizione del Forum delle professioni (ordini) intellettuali del Nord Italia
Autore: Gabriele Ventura
Data 26/05/07




Altre firme da raccogliere per la riforma delle professioni. Dopo la proposta di legge di iniziativa popolare del Cup, le richieste del Colap, dapprima di accelerare i tempi parlamentari, con campagna delle firme al seguito, e poi di stralciare il riconoscimento dei tributaristi dal ddl Mastella, anche il Forum delle professioni intellettuali prende la sua strada. A suon di firme, chiaramente. Con una petizione per chiedere al governo lo spostamento dell'entrata in vigore della riforma in seguito al recepimento, da parte dell'Untitled.ems Italia, della direttiva europea sulle qualifiche professionali (la 36/2005). Altro capitolo, quindi, ma con una trama comune: i coordinamenti di rappresentanza, sia delle professioni sia delle libere associazioni, hanno deciso di andare per conto proprio. Decisi a puntare sull'appoggio degli iscritti e delle loro firme per arrivare in Parlamento con un atto di forza, messo nero su bianco. E a poco sono servite le recenti rassicurazioni avanzate dal relatore alla camera Pierluigi Mantini (Margherita), e dal vicepremier Francesco Rutelli. Il mondo delle professioni non si fida più. Tanto che persino gli avvocati europei hanno deciso di fare quadrato per combattere 'i poteri forti' (si veda altro pezzo in pagina). Ma, tornando all'iniziativa del Forum delle professioni intellettuali, coordinamento di 37 Cup provinciali e sei regionali del Nord Italia, rappresentativo di circa 800 mila professionisti, si tratta di un documento che può essere sottoscritto, entro il prossimo 30 giugno, da ogni cittadino italiano maggiorenne. Che abbia interesse, ovviamente, a rinviare l'entrata in vigore della riforma delle professioni. Per il Forum, infatti, lo slittamento è necessario perché entro il prossimo ottobre lo stato italiano dovrà recepire la cosiddetta direttiva Zappalà. Che è fonte normativa di rango superiore rispetto a quella statuale. E, a parere dei Cup del Nord Italia, prevede contenuti ben diversi rispetto al ddl Mastella. Che, quindi, se entrasse in vigore prima, entrerebbe in aperto contrasto con la normativa Ue, richiedendo una profonda revisione e provocando un sicuro ritardo che recherebbe un grave pregiudizio alle professioni italiane. La richiesta, rivolta al presidente del consiglio, ai ministri della giustizia, delle attività produttive, dello sviluppo economico e ai presidenti della commissione giustizia e attività produttive della camera, è quindi di recepire la direttiva e poi modificare il testo della riforma targata Mastella, adeguandola alla normativa europea prima del suo definitivo varo. Raccolta fiUntitled.ems rme permettendo.

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