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settimana del 28 maggio 2007

Dal 01.01.2008 al 31.12.2008



Categoria: Cultura
Testata: Repubblica
Titolo: "I miei anni con Zanuso a lezione di allegria"
Data 27/05/07
Autore: Stefano Rossi



Il Politecnico ricorda martedì l'architetto. La testimonianza di Cini Boeri. "Con lui ogni progetto era partire felici verso una nuova esperienza"

Al convegno di martedì prossimo al Politecnico per ricordare il grande architetto e designer milanese Marco Zanuso, uno dei contributi più significativi verrà da Cini Boeri. Architetto Boeri, lei ha intitolato il suo intervento Progettare con gioia.
«Era ciò che facevamo. Dalla laurea fino al 1963, ho lavorato nello studio di Zanuso. Un uomo divertente e spiritoso, a volte con noi severo e burbero ma sempre simpatico. Con lui ogni progetto era un partire felici verso una nuova esperienza. Creare è di per sé una gioia, tanto più in un ambiente allegro come quello dello studio. Andandomene, dodici anni dopo, sapevo di lasciare il luogo che mi aveva formato».

Zanuso è stato più grande come architetto o come designer?
«È stato grande come progettista, il che comprende tutto, perché tutto nasce dal progetto. Come architetto in vita è stato fra i più rilevanti del secolo scorso ma poco celebrato. Come designer è stato il migliore dei suoi anni. Chiedeva al produttore una seria partecipazione tecnica, riesaminando ogni passaggio fino a ottenere un risultato soddisfacente. Oggi si fa molto styling, oggetti di moda e di immagine, o anche oggetti d'arte. Il design è un'altra cosa. Zanuso diceva che l'oggetto doveva comunicare il suo utilizzo, si doveva capire subito a cosa serviva. E cercava sempre il materiale più adatto anche dal punto di vista economico, per avvicinare l'oggetto di design alla capacità di spesa della gente».

Lui stesso, quanto ai materiali, si era formato sul campo, dopo la guerra.
«Esatto. In Pirelli erano nate plastiche, resine, schiume poliuretane. Eravamo stimolati dalla nascita di questi materiali e se uno era intelligente, sapeva come usarli».

Lei, architetto, in cosa collaborava con Zanuso?
«Non nel design, per quello c'era Richard Sapper, un professionista molto serio e tecnicamente preparato che interverrà al convegno. Io progettavo case e mi colpivano l'umanità e la psicologia di Zanuso nel capire come viveva il committente, mentre altri avrebbero semplicemente imposto il loro punto di vista».

Dai televisori alle sedie, alle fabbriche in Argentina e in Brasile. Lo spettro del lavoro di Zanuso è amplissimo.
«Marco non era un esibizionista ma non era difficile accorgersi del suo valore. Come successe ad Adriano Olivetti, che gli commissionò le fabbriche. Ci sono in giro ancora moltissimi suoi pezzi, tutti molto belli. Era uno sperimentatore. Mi viene in mente quando alla Casa Recordati, in viale Monte Rosa, provammo i primi vetri infrangibili. Buttammo un mattone dal giardino e il vetro resistette».
Milano gli deve il Piccolo Teatro. Un'opera che ha visto ritardi, polemiche politiche e critiche al progettista.
«Sono stati gli anni più tristi per lui. E pensare che il Piccolo non è stato neppure completato secondo i suoi disegni».
Quale eredità lascia Marco Zanuso?
«Il rigore nell'affrontare la professione, la volontà di verificare sempre tutto e l'aspirazione a non adagiarsi mai sul già fatto, ad aggiungere sempre qualcosa. Qualcosa non di futile, ma che migliora la vita».



Categoria: Cultura
Testata:Repubblica
Titolo: Un appello agli architetti: dateci città più abitabili
Data: 28/05/07
Autore: Francesco Alberoni



In molte città italiane, soprattutto a Milano, utilizzando le aree industriali dismesse, sono stati creati molti nuovi poli di sviluppo. E quasi sempre affidandone il compito a famosi architetti. E' un rifiorire delle città dopo un lungo periodo di ristagno. Ma, proprio perché le città rifioriscono imponenti e con architetture avveniristiche, bisogna anche indicare cosa manca perché siano vivibili e adatte all' uomo.

La prima cosa di cui ha bisogno una metropoli moderna è una rete di trasporti sotterranei comodi, rapidi, sicuri che arrivano dappertutto rendendo inutile l'automobile e i posteggi. Anzi, bisognerebbe fare prima i trasporti e poi gli edifici e i quartieri residenziali. Londra e Parigi disponevano di una ricchissima rete metropolitana già alla fine dell' Ottocento. A Parigi in un istante vai da Montparnasse a Montmartre, per attraversare Roma ci metti tre ore. I nostri amministratori non si sono occupati di questo problema: nei prossimi dieci anni dovrebbero metterlo fra le priorità assolute.

Un altro problema è la vivibilità degli edifici. I grandi architetti moderni non progettano gli edifici per chi li abita, ma per farli ammirare dall' esterno. Prendete quello di Niemeyer alla Mondadori di Segrate. Stupendo. Ma consiste in un unico, sterminato open space in cui gli individui, per sopravvivere, si trincerano in una nicchia costituita da libri, manifesti, fotografie, vasetti di fiori. Altri hanno le pareti curve, senza posto per i mobili e le finestre sprangate, con la gente che soffre di asma. Ma soprattutto, accanto ai grandi monumenti architettonici, occorre creare un'edilizia abitativa bella, armonica, e rigenerare i vecchi quartieri delle nostre città invecchiati, fatiscenti. Restaurare le vecchie case o abbatterle e rifarle, per dare abitazioni a basso prezzo ai giovani che vogliono mettere al mondo dei figli, agli anziani e agli immigrati.

Le città hanno infine bisogno di luoghi di cultura, di incontro, di ritrovi comodi, facilmente raggiungibili. Cosa sarebbe Parigi senza i suoi caffè? Pavia, Oxford, Cambridge e Bologna senza le loro università inserite nel tessuto urbano? Sono convinto che se gli urbanisti, gli architetti e gli amministratori si ponessero seriamente questi tre problemi: trasporti
Quale eredità lascia Marco Zanuso?
«Il rigore nell'affrontare la professione, la volontà di verificare sempre tutto e l'aspirazione a non adagiarsi mai sul già fatto, ad aggiungere sempre qualcosa. Qualcosa non di futile, ma che migliora la vita».



Categoria: Cultura
Testata: Corriere della Sera
Titolo: Anche la Signorina snob s’inchina a Zanuso
Data 29/05/07
Autore: Severino Colombo


Politecnico/ Franca Valeri tra gli ospiti del convegno dedicato all’architetto.

“La cosa che mi ha sempre molto interessato è cambiare il metodo. Cioè occuparmi una volta di un oggetto, una volta di un altro, perché credo di trovare sempre un interesse nella diversità del tema da affrontare.
Questo mi pare che potrebbe essere il riassunto del concetto per far capire ai giovani ciò che ho insegnato per vent’anni al Politecnico.”
Ciò pensava del suo lavoro Marco Zanuso e da qui il Politecnico parte per rendere omaggio all’architetto, designer e urbanista milanese scomparso sei anni fa.
Oggi nell’Aula Rogers (Via Ampère 2) è in programma “Marco Zanuso: architettura, design e la costruzione dle benessere”, giornata di studio che punta a mettere in luce la poliedricità della sua opera.
Ricerca e progetti, didattica e rapporti con la committenza: sono alcuni degli aspetti che vengono affrontati dagli studiosi.
Sul tema della città pensata e progettata dall’architetto parla, in particolare, Maria Antonietta Crippa (“Modernità e benessere nelal Milano degli anni 50/70)” ore 10) mentre Antonio Piva (ore 11.50) delinea il legame con il Piccolo teatro di Milano, istituzione per cui Zanuso realizzò le sedi del Teatro Studio di via Rivoli e del Teatro Strehler di Largo Greppi.



Testata: Repubblica
Titolo: La nuova Bocconi. Così è se vi piace
Data: 29/05/07
Autore: Stefano Rossi



Liberato dai ponteggi, l'imponente edificio si presenta in questi giorni alla città. Il palazzo, tra via Roentgen e viale Bligny, è stato progettato da due architette irlandesi. Il rettore: "Avevo qualche dubbio estetico ma ora che lo vedo finito sono soddisfatto"
Fra via Roentgen e viale Bligny si è mostrato per la prima volta in questi giorni il nuovo palazzo commissionato dall´università Bocconi, frutto di un concorso avviato alcuni anni fa. Tolto il velo, appare un edificio imponente che fa sentire il suo peso nel quartiere. La firma è di due architette irlandesi, Yvonne Farrell e Shelley McNamara dello studio Grafton Architects, che prende il nome da una delle strade simbolo di Dublino. «Al concorso hanno partecipato numerosi professionisti italiani e stranieri - ricorda Angelo Provasoli, rettore da due anni - e la commissione, anch´essa internazionale, ha esaminato vari profili: funzionalità, gestione, estetica, costi. Alla fine, la decisione ha premiato le due irlandesi».
Rettore Provasoli, lei non ha partecipato a questa scelta. Che impressione le fa il nuovo palazzo?
«L´aspetto esterno, con poche finestre, può far nascere qualche dubbio. Lo stesso dubbio che anch´io ho espresso alle due architette. Mi hanno risposto di essersi ispirate alla tradizione milanese ottocentesca, nella quale gli esterni degli edifici erano sobri e austeri. La ricchezza si vedeva dentro i palazzi, dove c´erano luce, verde, sorriso e serenità».
La Farrell e la McNamara hanno scritto di ispirarsi al carattere di Milano: "duro all´esterno, amichevole all´interno".
«Noi siamo soddisfatti del risultato estetico, le potenzialità della struttura le verificheremo abitandoci. L´interno è ricco di spazi da vivere e di luoghi d´incontro. Vi trasferiremo tutti gli istituti e i dipartimenti dell´università, oggi dislocati fra via Sarfatti e altre zone della città. Tutti i docenti avranno l´ufficio lì, rafforzando le reciproche relazioni scientifiche. Sempre in via Roentgen, concentreremo i luoghi di incontro studenti-professori per la ricerca e le tesi di laurea».
La Bocconi ha una tradizione di committenza importante nell´architettura milanese. I vostri edifici sono firmati Pagano, Muzio, Gardella.
«Sì e non ci fermiamo. Nell´arco di cinque anni costruiremo sul terreno della ex Centrale del Latte un nuovo edificio, destinato probabilmente all´area executive, i corsi per laureati con esperienze di lavoro, in un´ottica di formazione permanente. Sarà l´occasione per un altra commessa importante».
Si sta consolidando un "quartiere Bocconi"?
«Ci piacerebbe giungere a un vero campus, con momenti anche di svago, di sport, con aree verdi. Vorremmo edificare campi sportivi e una piscina, almeno in parte al servizio della comunità locale».
E per gli studenti?
«Abbiamo 1.100 posti letto fra proprietà e affitto vicini all´università. In tre anni li porteremo a 2.200 ma non bastano, dato che solo il 22% dei nostri 12.500 studenti proviene dall´area metropolitana. In 5-10 anni vogliamo avere 5.000 posti, sufficienti per calmierare i prezzi del mercato libero».
Torniamo al "pensatoio" per professori di via Roentgen. La Bocconi offre loro molto ma è supportata dal sistema città? E c´è concorrenza fra le università?
«Concorenza ce n´è, eccome. I docenti migliori sono contesi dalle università più importanti. Ogni anno, in una data e in una città prestabilita (l´anno scorso Boston) i giovani ricercatori si presentano agli atenei. I grandi li devi cercare, formulando offerte appetibili per remunerazione, qualità della ricerca, supporto finanziario e tecnologico, prospettiva di carriera. Da settembre il numero uno al mondo nel management strategico (le strategie aziendali), Robert Grant, lascia la Georgetown University di Washington per insegnare da noi. Milano è un polo culturale e scientifico attraente ma gli alloggi costano molto e vanno rafforzati i network interuniversitari e i rapporti con le imprese. Poi ci sono i trasporti. Milano è complessivamente un po´ indietro rispetto alle grandi città europee ma penso possa recuperare».



Categoria: Progetti per Milano
Testata: La Repubblica
Titolo: Garibaldi, Isola e Varesine, il futuro contestato
Autore:Stefano Rossi
Data: 31/05/07



Studenti con cartelli e megafono irrompono alla presentazione dei progetti studiati per le tre aree dalla società Hines e marchiati con un unico nome (Porta Nuova) e un logo (una foglia). Masseroli: "Il Comune è stato il regista. Ma è solo l´inizio: ora Bovisa e Scalo Farini". I lavori finiranno nel 2012 ma si pensa già alla prevendita.
Un nome (Porta Nuova) e un logo (una foglia) inediti per tre progetti che insistono su Isola, Garibaldi-Repubblica e Varesine, antichi e irrisolti casi urbanistici. Sono stati presentati ieri dalla proprietà, Hines Italia, che ha acquisito le aree per 390 milioni e ha incaricato della progettazione nell´ordine il milanese Stefano Boeri e due firme dell´architettura internazionale, Cesar Pelli e Lee Polisano. «Milano ha bisogno di un nuovo Umanesimo e nei nostri progetti l´uomo torna al centro», dice Manfredi Catella, amministratore delegato di Hines Italia pochi minuti prima dell´irruzione dei giovani di un collettivo autogestito di via Volturno.
Le cifre in questo caso dicono molto. Su 290.000 metri quadrati di aree dismesse sorgeranno 355.800 metri quadrati di edifici: 240.000 a Garibaldi, 85.000 alle Varesine, 31.000 all´Isola. Disaggregati, 258.000 metri quadrati di uffici, 36.800 di case, 10.800 di commerciale, 15.000 di spazi culturali, 15.000 di alberghi e 20.000 di spazi espositivi (in questi ultimi due casi, tutti a Garibaldi). Ci sarà un parco pubblico da 90.000 metri quadrati con 1.500 alberi e 2 chilometri di piste ciclabili.
I lavori finiranno nel 2012 ma Hines pensa già alla prevendita, pensando a una base di partenza per il residenziale di 7.500-8.000 euro al metro quadrato. L´investimento complessivo è di 2,5 miliardi di cui 2 conferiti dal privato (c´è anche una parte pubblica, basti pensare alla sede bis della Regione): 350 milioni in autofinanziamento e 1.600 con linee di credito concesse da Unicredito-Capitalia, Intesa-San Paolo, Mediobanca, Banca Popolare di Milano, Montepaschi, Antonveneta.
L´operazione complessiva, già gigantesca di suo, si inserisce in un quadro di trasformazione radicale di uno spicchio di Milano che arriva fino al polo della Fiera a Pero-Rho. «Con la nostra regia», ha detto ieri l´assessore all´Urbanistica Carlo Masseroli, pubblico e privato si preparano a enormi cambiamenti. C´è l´iniziativa CityLife al Portello. I 500.000 metri quadrati dello scalo Farini per il quale il Comune sta facendo partire una gara internazionale di idee per suggerire all´amministrazione cosa fare su una grande piattaforma che scavalcherà la ferrovia, edificando un nuovo livello della città.
C´è da completare la Bovisa, progettata finora solo per un quinto, con un parco scientifico e tecnologico che ospiterà nuovi spazi del Politecnico (e forse di altre università) e funzioni di ricerca (laboratori farmaceutici, una galleria del vento) e culturali (la ricollocazione dell´Accademia di Brera). È già in corso l´accordo di programma per il polo della sanità pubblica centrato sull´ospedale San Paolo, da riqualificare, e su nuove sedi per Besta e Istituto dei Tumori. A Cascina Merlata, appena sotto le aree del polo fieristico esterno individuate per l´Expo 2015, si pensa al villaggio per l´Esposizione.
Alla presentazione, Hines ha invitato 25 architetti fra i quali i progettisti. Pelli ha definito il progetto «un gigantesco passo avanti», Polisano ha richiamato l´attenzione su una «progettazione assennata delle città», di cui Porta Nuova costituisce un esempio, Boeri ha parlato della sua proposta di bosco verticale. Vale a dire una torre, quella dell´Isola, dai piani circondati da terrazze perimetrali alberate. Le piante crescono a diversi livelli fino a una altezza di 9 metri.

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