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Studio Mantini - Consulenze legali

Dal 25.03.2009 al 25.03.2010

Quinta puntata con i consulenti esterni: è la volta del dott. Ruscigno, che si occupa dello sportello di consulenza legale amministrativa ed urbanistico/edilizia

- Quinta ed ultima puntata dei nostri incontri con i consulenti esterni dell’ordine sulle problematiche professionali: questa volta il dott. Costantino Ruscigno, dello studio Mantini ed Associati, ci parla dell'impegno di consulenza legale amministrativa ed urbanistico/edilizia del suo studio.

Lo studio Mantini ed Associati, costituitosi a Milano nel 1990 da tradizioni familiari per iniziativa dell’avv. prof. Pierluigi Mantini, è attualmente formato da cinque avvocati, da collaboratori  laureati e da personale di ufficio.
Lo Studio ha un’accentuata vocazione specialistica in diritto amministrativo italiano e comunitario, urbanistico, ambientale e degli appalti.
Una peculiarità è data dal fatto che tutti i suoi componenti hanno, a vario livello, uno status universitario nelle materie indicate.

Lo Studio svolge attualmente un’attività professionale equamente  ripartita tra prestazioni consulenziali e attività giurisdizionale.
In particolare con l’Ordine degli Architetti di Milano l’attività di collaborazione è iniziata sul finire degli anni novanta ed è continuata, in modo ininterrotto, fino ad oggi: si alternano nell’attività mensile di consulenza presso lo sportello l’avv. Francesco Basile e l’avv. Costantino Ruscigno, con una prevalente presenza di quest’ultimo.

Avv. Francesco Basile
Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza nel 1993 presso l’Università degli Studi di Pavia, con una tesi in diritto amministrativo, e successivamente il titolo di dottore di ricerca in diritto urbanistico e dell’ambiente presso l’Università di Firenze, con una tesi dal titolo “Separazione delle funzioni e semplificazione amministrativa nella materia urbanistico-edilizia”. Avvocato dal 1997, è iscritto presso l’Ordine di Milano. Attualmente è Ricercatore confermato in diritto amministrativo ed insegna presso la Facoltà di “Architettura e Società” del Politecnico di Milano.

Avv. Costantino Ruscigno
Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza nel 1985 presso l’Università degli Studi di Bari e, successivamente, il diploma di specializzazione con lode in Diritto Amministrativo e Scienza della Pubblica Amministrazione presso la Scuola di specializzazione in Scienze Amministrative dell’Università degli Studi di Bologna. Avvocato dal 1989, è iscritto presso l’Ordine di Milano.

Attualmente è professore a contratto di Diritto Amministrativo presso la Facoltà di “Architettura e Società” del Politecnico di Milano.

-Quali sono gli argomenti sottoposti con maggiore frequenza alla vostra attenzione?

Sicuramente prevalenti sono le problematiche connesse a:

- rilascio dei titoli abilitativi (Dia – c.d. Superdia – Permesso di costruire – Certificato di agibilità): regolarità procedurali, tempistica e diritto di accesso agli atti amministrativi presso gli uffici comunali 

- convenzioni urbanistiche e ad altri strumenti di partnership pubblico-privato (come ad esempio i PII, Programmi Integrati di Intervento)

- procedure di approvazione dei diversi strumenti di pianificazione urbanistica da parte dei Comuni

- contributo di costruzione

- competenze dello sportello unico per l’edilizia

- vigilanza e responsabilità nell’attività edilizia (competenze pubbliche – abusi – regimi sanzionatori)

- interpretazione delle normative nazionali e/o regionali (in particolare la nuova legge n. 12/2005 della Lombardia sul governo del territorio)

- bandi di gara e/o a contratti di appalti di lavori pubblici connessi con interventi urbanistici


-In merito ai titoli abilitativi è possibile entrare maggiormente nel dettaglio delle problematiche emergenti?

Il testo unico dell’edilizia (DPR n. 380/2001) disciplina i titoli abilitativi, ossia il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività, operando un’indubbia semplificazione normativa e procedimentale se riferita al caotico sistema previgente caratterizzato, in un certo periodo, dalla coesistenza di quattro procedure di controllo: concessione edilizia, autorizzazione edilizia, denuncia di inizio attività e relazione asseverata ex art. 26 della legge n. 47 del 1995.

I punti fermi attorno ai quali ruota il sistema degli atti di controllo introdotto dal testo unico possono essere così riassunti:

a) i titoli abilitativi vengono ridotti a due, permesso di costruire (che sostituisce la concessione edilizia) e denuncia di inizio attività.

b) viene invertito il rapporto di sussidiarietà tra i titoli abilitativi: rispetto al regime previgente, secondo cui la concessione edilizia aveva carattere generale e residuale mentre denuncia di inizio attività e autorizzazione potevano utilizzarsi unicamente per le tipologie di opere espressamente previste dalla legge, è la denuncia di inizio attività ora ad essere residuale e deve essere utilizzata per gli interventi che non sono assoggettati dalla legge al permesso di costruire.

c) viene introdotto un elenco tassativo delle opere soggette a permesso di costruire con la possibilità per le regioni di ampliare con legge tale elenco.

d) vengono semplificate e snellite le procedure: facoltatività del parere della commissione edilizia, obbligo della conferenza dei servizi, possibilità di autocertificazione del parere igienico sanitario.

Non si è trattato di novità di poco conto soprattutto con riferimento alla scelta di una codificazione unitaria della materia che per decenni aveva patito l’estemporaneità delle scelte ed il conseguente difficile coordinamento tra le norme.

Non mancano, in ogni caso, problemi di interpretazione che rappresentano gli oggetti prevalenti dei chiarimenti richiesti nell’attività di consulenza presso lo sportello.

In particolare spesso vengono richiesti pareri in ordine alla qualificazione giuridica della specifica fattispecie del caso concreto. Le possibili alternative sono tra:

a) interventi liberi (manutenzione ordinaria, eliminazione delle barriere architettoniche, opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo – art. 6 testo unico);

b) interventi soggetti a denuncia di inizio attività (definiti in via residuale rispetto a quelli soggetti a permesso di costruire – art. 22 testo unico);

c) interventi soggetti a permesso di costruire o, in alternativa a denuncia di inizio attività (ristrutturazione edilizia di cui all’art. 10, comma 1 lett. c), e gli interventi di nuova edificazione e di ristrutturazione urbanistica quando esistano piani attuativi che contengano precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive, nonché gli interventi di nuova edificazione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni planovolumetriche – art. 22 testo unico);

d) interventi soggetti a permesso di costruire (definiti dall’art. 10 del T U esclusi quelli della categoria precedente).

Conseguentemente, un altro aspetto fondamentale della disciplina del testo unico spesso ricorrente nelle richieste di consulenza attiene proprio agli interventi edilizi.

L’art. 3 del Testo Unico, infatti, dà una definizione delle diverse tipologie edilizie includendo anche le diverse fattispecie che compongono le nuove costruzioni che nel sistema precedente erano ricavabili in via residuale dalle definizioni degli interventi sull’esistente.

La individuazione delle diverse tipologie edilizie assolve, nell’impianto generale del testo unico, un valore ulteriore rispetto alla necessità di dare certezza agli operatori del settore in quanto, nel nuovo sistema caratterizzato dalla fungibilità tra il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività, la qualificazione dell’intervento assume il carattere di elemento fondamentale di individuazione delle norme applicabili.

L’onerosità dell’intervento, l’applicazione delle misure sanzionatorie demolitorie e di quelle penali, la misura dell’oblazione in caso di sanatoria dipendono dalla qualificazione delle opere e non più dal titolo abilitativo utilizzato: non è più possibile, infatti, distinguere tra permesso di costruire “oneroso” e denuncia di inizio attività “gratuita” posto che ora si possono realizzare interventi che presuppongono il pagamento del contributo di costruzione anche mediante denuncia di inizio attività ed utilizzare il permesso di costruire per interventi non onerosi.

Identico discorso vale anche per gli altri profili di natura sanzionatoria in quanto la realizzazione con denuncia di inizio attività delle opere soggette a permesso di costruire comporta le stesse misure demolitorie se vengono eseguite difformemente dal titolo.

- Assume, pertanto, un rilievo decisivo l’indagine approfondita delle diverse tipologie edilizie.

Già, con una norma immediatamente prevalente sugli strumenti urbanistici generali e sui regolamenti edilizi, l’art 3 del testo unico individua tre categorie di opere: gli interventi sull’esistente; gli interventi di nuova costruzione; gli interventi di ristrutturazione urbanistica.

Spesso siamo chiamati nell’attività di consulenza presso lo sportello a dover interpretare gli articoli 10 e 22 del Testo unico che specificano le tipologie soggette al permesso di costruire o alla denuncia di inizio attività.

Nella maggior parte dei casi sottoposti allo sportello la questione che si pone riguarda la qualificazione dell’intervento, talvolta problematica perché la specifica ipotesi concreta presentata dall’architetto somma in sé le caratteristiche delle diverse tipologie previste dal Testo Unico e cioè:

a) interventi di manutenzione ordinaria, ossia gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) interventi di manutenzione straordinaria, ossia le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;

c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, ossia gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;

d) interventi di ristrutturazione edilizia, ossia gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.

Devono, poi, per completezza essere considerati anche gli interventi di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti.

-Ed, invece, nel caso degli strumenti di partnership pubblico-privato di fronte a quali problemi operativi vengono a trovarsi gli architetti che vi consultano?

L’urbanistica contrattata è ormai sempre più utilizzata specie in una Regione come la Lombardia. Ovviamente il primo problema che gli architetti spesso pongono è quello di come poter tutelare al meglio gli interessi dei privati-committenti rispetto alla posizione dominante del Comune che, in virtù della valenza pubblica degli interventi edilizi ed urbanistici, assume talvolta atteggiamenti che risultano quasi vessatori nei confronti del privato.

Più raramente le posizioni si invertono e, quindi, siamo chiamati come legali a sottolineare agli architetti la necessità che il soggetto privato debba contemperare le sue legittime aspettative anche con le esigenze pubblicistiche del Comune.

Talvolta, poi, le problematiche di questa natura si sovrappongono a quelle del primo gruppo di quesiti appena evidenziati: è il caso delle c.d. DIA convenzionate.

A seconda della situazione la consulenza richiesta riguarda la redazione della convenzione piuttosto che l’applicazione della stessa.

Spesso le questioni poste impongono una valutazione relativa alla sussistenza o meno dei presupposti di un ricorso al TAR.

Ovviamente il nostro intervento è finalizzato a considerare se la patologia in atto può essere meglio affrontata con un intervento esterno di carattere giurisdizionale o con un’attività interna di mediazione degli interessi in gioco.


- Come vi sembra il livello di preparazione di chi vi chiede consulenza allo sportello?

Ovviamente bisogna distinguere tra le diverse tipologie di professionisti che si approcciano al nostro servizio consulenziale.
Talvolta si tratta di giovani professionisti ai primissimi anni di attività che scontano, quindi, qualche inesperienza; altre volte, invece, lo sportello viene utilizzato da architetti di provata esperienza soltanto per avere un conforto o un confronto in relazione a decisioni già prese.
Mediamente possiamo, comunque, affermare che tutti gli architetti vengono allo sportello avendo già approfondito la questione con i propri strumenti di analisi e, conseguentemente, dimostrando un ottimo livello di preparazione teorica e pratica.   


- Quali sono le maggiori difficoltà di questa esperienza di consulenza?

I problemi più rilevanti che si incontrano derivano dalla eventuale complessità della problematica sottoposta alla nostra attenzione.
Talvolta le questioni legali poste richiedono un tempo maggiore di analisi già soltanto per l’ingente documentazione prodotta dagli architetti. In questi casi offriamo ugualmente il nostro servizio di consulenza evidenziando la necessità di una migliore messa a fuoco delle questioni per essere affrontate con cognizione di causa.
Un consiglio che potremmo dare in questa sede a tutti gli architetti che intendono usufruire del servizio di sportello è sicuramente quello di predisporre, preliminarmente, una scheda di sintesi che raccolga i principali dati anche documentali in possesso: in questo modo, sicuramente, saremmo messi in condizione, nei trenta minuti a nostra disposizione,  di focalizzare più rapidamente la questione e di individuare la migliore soluzione praticabile.

Un problema specifico che talvolta si è posto è quello di voler utilizzare da parte degli architetti lo sportello come occasione di confronto tra più legali già coinvolti nella individuazione della soluzione al singolo caso di specie.
E’ evidente che lo sportello ha un’altra funzione di supporto esclusivo al professionista iscritto all’Albo e all’Ordine degli Architetti di Milano: peraltro è chiaro che un confronto di questo tipo, innanzitutto, mal si concilia con i tempi ristretti a nostra disposizione e, poi, se fosse istituzionalizzato come prassi finirebbe per essere uno strumento “ad adiuvandum” utile più per il collega avvocato che per l’architetto.
Va detto che la struttura di segreteria dell’Ordine compie già un ottimo lavoro di filtro per evitare queste situazioni ma gli architetti spesso pongono una tale richiesta direttamente allo sportello e, talvolta, si meravigliano per la nostra tendenziale indisponibilità ad assecondare, presso gli uffici dell’Ordine, tali modalità di incontro.
Ci auguriamo che il chiarimento reso in questa sede possa essere utile ad evitare eventuali incomprensioni in futuro.

Francesco de Agostini

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